Il salto di qualità. Perché, nonostante stiate seguendo con costanza allenamento e dieta, la vostra forma fisica non sembra stia cambiando di molto.

Scritto da Unknown alle 15:25
Una delle domande più frequenti che mi viene fatta è “perché non riesco a definirmi benchè conduca uno stile di vita sano, senza mangiare schifezze e pratichi regolarmente attività sportiva? M’impegno davvero e nel complesso sto bene esteticamente, ma i risultati non mi soddisfano, non sono abbastanza, come mai?”

La risposta a questa domanda non è affatto semplice e vorrei partire da un presupposto: un’alimentazione e un’allenamento generico danno risultati generici. E’ questo il nocciolo della questione. Tutti abbiamo in mente le immagini dei  fitness model che promuovono il duro allenamento accompagnato da una sana alimentazione, quindi siamo portati a pensare che assumendo proteine e mangiando frutta e verdura (sul prototipo delle coloratissime immagini che girano in rete), diventeremo come loro. Ma non è proprio così… insomma, se così fosse, nessuno farebbe questa domanda. Tuttavia,  questo articolo non ha lo scopo di abbattervi (sono io la prima a dire di non arrendersi mai!) ma solo di far prendere consapevolezza che, uno stile di vita sano in cui si evitano i fast food, le pizzette a merenda, gli aperitivi fuori, l’alcol e i prodotti industriali, purtroppo, non basta per raggiungere quel livello di forma fisica. Non vi sto dicendo di darvi alla pazza gioia perché tanto si tratta di traguardi irraggiungibili, anzi! Sicuramente ne guadagnerete in salute e anche in estetica, senza dubbio! Sarete più belli, più energici e più in forma nell’espletare ogni attività; più felici grazie alle endorfine e agli ormoni che si scatenano in seguito all’attività sportiva; più concentrati sulle attività che richiedono impegno mentale e più entusiasti verso la vita; più sicuri di se stessi e con maggiore autostima perché lo sport insegna a lottare, a migliorarsi ogni giorno, a dare sempre il meglio e a vivere con più fiducia in se stessi e lealtà verso gli altri. E questo, dovrebbe fare parte di ognuno di noi! Ogni persona dovrebbe sentirsi così.
Quel che mi chiedete però appartiene ad un livello superiore: il salto di qualità, la svolta che intercorre fra “come stai bene”  e il cd “fisico bestiale”. Si tratta di capire come scalare questo gradino.
Beh, ragazzi, innanzitutto bisogna prepararsi psicologicamente. Se fin’ora rinunciare a tutte le cose suddette vi è sembrato un sacrifico, non siete pronti.  Dovreste essere già arrivati al punto che quei “sacrifici” non li chiamate più tali ma sono per voi la normalità, appunto, uno stile di vita, che non vi pesa  ma viene automatico alzarvi la mattina e, mentre vi fate la doccia, fate bollire il pentolino con il pranzo per quel giorno e con una mano vi lavate i denti mentre l’altra pesa la fesa di tacchino. Tutto questo deve già far parte della vostra quotidianità quando avrete deciso di fare il salto di qualità.
Dovete essere davvero pronti, avere le abitudini giuste e deliberare con coscienza le ulteriori scelte, quelle difficili e impegnative davvero, che vi porteranno dritti al vostro traguardo. Ora non potranno più esserci diete consigliate da un nutrizionista all’amico, chiacchiere fra un esercizio e quello successivo, manciate di riso buttate in pentola senza essere prima pesate e schede di esercizi scaricate da internet. Non si potrà più improvvisare qualche galletta a merenda e meno carboidrati a cena. Perché, è proprio questo che fa la differenza fra avere un bel fisico e avere un il fisico di quei modelli che tanto ammiriamo. Dobbiamo essere pronti al vero sacrificio, quello in cui non esiste il cucchiaino di zucchero nel caffè, perché tanto, “cosa vuoi che faccia?”, il pasticcino alla festa aziendale  e spaghettata “una volta ogni tanto”.
Dobbiamo iniziare a programmare con meticolosità sia il lungo periodo che quello breve. Sapere esattamente cosa mangeremo quel giorno  e anche cosa mangeremo fra un mese; essere pronti ad andare alle feste di compleanno, pranzo dai suoceri e alle passeggiate al centro muniti del nostro cibo, quello che avremo preparato con le nostre mani perché la mamma aggiungerà troppo sale, dimenticherà di pesare la porzione di frutta e non userà il cucchiaio per dosare l’olio.
Per fare questo, ovvero programmare un lungo periodo, cioè un percorso  (perché solo un percorso porterà all’obiettivo) non possiamo più essere soli. Abbiamo bisogno tutti, necessariamente, di un esperto.  Di qualcuno che valuti il nostro punto di partenza e capisca semplicemente guardandoci di cosa deve essere fatto questo percorso. Si tratta di periodizzare. Questo significa che non possiamo assolutamente pretendere che una “scheda di definizione” risolva tutti i nostri problemi e ci faccia assomigliare, nel giro di un paio di mesi, ad un fitnessmodel, perché tanto “sotto, i muscoli ci sono”. Ci sono? Quanti sono? E’ questo quello che mi chiedo ogni volta che qualcuno mi dice “ho solo bisogno di definirmi”.  
Ma capisco che quel che intente chi pone questa domanda . Lo so che vorrebbe togliere quello strato di adipe e grasso che copre tutto, ma non è così facile, c’è una cosa fondamentale da sapere: non si può intraprendere un buon lavoro di definizione, in cui si porta l’atleta a vedersi evidenziare la muscolatura, senza aver fatto prima un ottimo lavoro di ipertrofia (che a sua volta presuppone un’adeguata fase di forza). Persone che ancora non hanno iniziato ad allenarsi o che sono alle prime armi, o anche che frequentano la palestra da anni ma con cambiamenti trascurabili non devono definirsi! Non hanno nulla da definire! Lavorando in definizione su queste fisicità si rischia di perdere anche quei pochi muscoletti accumulati con tanta fatica. Anche un atleta professionista perde massa muscolare durante la fase di definizione, ma lui, in genere, avendone tanta, può permettersi di perderne un po’ se è il prezzo da pagare per eliminare anche quel poco tessuto adiposo e liquidi in eccesso che coprono la muscolatura. Capisco però che chi dice “voglio solo definirmi” non ha molta cognizione di quello che succede durante questa fase che prevede un’alimentazione rigidissima (in cui ogni pasto viene calcolato e pesato al grammo!) e non si può fare semplicemente mangiando un po’ meno di quello e un po’ più di quell’altro.
L’allenamento poi non consiste in una “scheda di definizione” perché non esistono schede di definizione! E’ il nostro allenamento che si adatta all’alimentazione povera di carboidrati, quindi con scarse energie: dunque, i carichi scendono perché non siamo proprio in grado di lavorare con gli stessi che utilizziamo in presenza di un’alimentazione ricca di carboidrati. Tuttavia, per ottenere comunque un buon allenamento, dobbiamo aumentare le ripetizioni. Nei manuali, questo tipo di allenamento è definito “di resistenza” e non esiste alcune voce che descriva un allenamento di definizione. E’ questa anche l’origine della frase “l’addome si fa a tavola”, che forse dovrebbe essere sostituita con “i muscoli si vedono a tavola”, per indicare proprio il fatto che, dopo mesi e mesi di lavoro ipertrofico in cui ci alleniamo con carichi pesanti sfruttando l’alto apporto di carboidrati, quindi costruiamo i nostri muscoli, per vederli finalmente, dobbiamo modificare la nostra alimentazione al fine di eliminare ciò che li copre. E’ questo il motivo per cui non possiamo addentrarci subito nella fase di definizione: prima, deve esserci qualcosa da scoprire!
Un buon programma dovrebbe quindi, innanzitutto prepararci alla fase ipertrofica, con un lavoro di forza, proprio perché dobbiamo acquistare forza per riuscire a sostenere quei carichi pesanti durante il periodo di massa (ipertrofia). Si tratta di mangiare di più, ma non di mangiare qualunque cosa ci capiti fra le mani, perché, ricordiamoci che se accumuliamo troppo grasso in questa fase, arriverà il momento di doverlo togliere per vedere i nostri muscoli! Dunque, si mangia in quantità maggiori ma la qualità dei nostri cibi non cambia molto: si mangia pulito (non sono previsti fritti, soffritti né condimenti elaborati), quindi si scelgono con cura gli alimenti. Un bignè, teoricamente, ha più scorte di energia rispetto ad un panino con fesa di tacchino, bresaola, prosciutto magro, ecc, ma, allora perché preferiamo evitarlo? Perché non è energia che possiamo sfruttare davvero. E’ vero che contiene tanti zuccheri ma non sono zuccheri buoni, sono raffinati e danno un’ipoglicemia di rimbalzo, quindi dopo un paio d’ore rischiamo di trovarci stanchi e con la voglia di fare niente, oltre al rischio degli attacchi di fame perché, una volta che la glicemia sarà scesa di nuovo, l’organismo avrà l’impressione di avere un calo di zuccheri (proprio perché prima ne ha avuti tanti e ora scarseggiano) e chiederà altro cibo, accumulando ulteriore tessuto adiposo.
Durante queste due fasi, dunque, il nostro personal trainer e nutrizionista (che dovrebbero collaborare, ma questo non sempre avviene, ecco perché sarebbe meglio trovare entrambe queste qualità in una sola persona), dovranno indicarci l’alimentazione da seguire in conformità al nostro allenamento e caratteristiche personali (età, sesso, peso corporeo, obiettivo).
Ora, immagino che la domanda sorga spontanea: quanto durano queste fasi? Beh, per una atleta che abbia già qualche anno di allenamento alle spalle (vero allenamento, non mi riferisco a chi si limita a frequentare la palestra da, anche fossero, 20 anni) queste fasi coprono la maggior parte dei mesi dell’anno.  Nella prassi si utilizza prevalentemente il periodo invernale, benchè la vera risposta ormonale (ricordiamoci che sono gli ormoni che condizionano l’ipertrofia muscolare, motivo per cui le donne non possono mai raggiungere i livelli di crescita degli uomini) si abbia in primavera-estate. Il professionista, che non s’interessa della prova costume ma lavora solo in vista degli obiettivi personali,  sfrutta infatti questo periodo per dare il massimo, accollandosi anche le maggiori difficoltà dovute al caldo.
Il principiante invece, a seconda dei casi, può anche allenarsi ai fini della forza e dell’ipertrofia anche per qualche anno prima di avventurarsi in quella di definizione. Questa sarebbe la strada giusta se si vuole davvero costruire una buona muscolatura. Per capire questo principio, sicuramente difficile da accettare, immaginiamo un ragazzo normopeso, non particolarmente predisposto geneticamente,  che si avvicini per la prima volta a questo mondo: dopo aver sperimentato vari allenamenti di preparazione come ogni principiante dovrebbe fare, in cui inizia a prendere confidenza con gli esercizi, a condizionare il corpo (tendini e articolazioni comprese) ai diversi stimoli dell’allenamento, quindi ad imparare ad adattarsi allo stress, saranno già passati dei mesi  prima che un bravo personal trainer lo ritenga pronto per intraprendere la fase di forza.  Anche questa richiederà qualche mese e quella di ipertrofia molti altri. Supponiamo quindi che nel giro di un paio d’anni abbia guadagnato 5 kg di muscoli (non di peso corporeo che può risultare di gran lunga maggiore).
Ora, potrebbe tentare la vera impresa, quella più difficile anche per i bodybuilder professionisti: togliere la massa grassa e i liquidi accumulati preservando quella magra. Cioè definirsi. Quello che vogliono tutti, che chiedono anche entrando in palestra per la prima volta.

Starà all’esperto capire come, in base al singolo individuo, strutturare l’alimentazione e l’allenamento stabilendo quanto potrà durare questo periodo, quanti e quali carboidrati togliere, come aumentare proteine e grassi, come regolarsi con il sodio e il potassio, che allenamenti seguire e quanto e quale attività cardio utilizzare. Capite ora, quante variabili devono essere prese in considerazione e perché perchè la domanda “come faccio a definirmi?” lascia così perplessi gli istruttori a cui viene rivolta?