Gli immancabili! Quali esercizi non possiamo evitare in sala pesi?

Scritto da Unknown alle 13:38
Come tutti sappiamo in palestra è molto importante diversificare gli allenamenti, dal punto di vista dell’intensità, volume, numero e tipo di esercizi. In questo modo il corpo riceve uno stimolo sempre diverso e non ha il tempo di adattarsi troppo, quindi cadere nella stasi.
Tuttavia, vi sono esercizi che non dovrebbero mai mancare nei nostri allenamenti, quelli davvero efficaci, che non corrispondono alle mode o alle sensazioni dell’amico, né sono stati consigliati da uno sconosciuto istruttore ad un collega. Insomma, cerchiamo di capire, in base alla biomeccanica, quali esercizi funzionano sicuramente! Questo discorso vale ancora di più per i c.d hard-gainer, cioè le persone che hanno più difficoltà a sviluppare massa muscolare e che devono cercare di limitare gli esercizi.
Al di là di questi casi, quella di servirsi di un solo esercizio per gruppo muscolare è in realtà anche una tecnica di allenamento utilizzata anche da grandissimi culturisti (ad esempio Sergio Oliva, tre volte Mr Olympia) per ottenere il massimo pompaggio, ovviamente con un grande volume di allenamento (cioè molte serie, inserite in metodi come il piramidale, serie giganti, ecc ).
Individuare i migliori esercizi per ogni gruppo muscolare può quindi risultare utile a tutti!
Prima di iniziare vorrei fare un’ulteriore precisazione:  sì, lo specchio è importante e ci aiuta a mettere a posto i dettagli, ma, prima di arrivare a concentrarci sul dettaglio dobbiamo avere formato il quadro complessivo. Troppo spesso mi capita di sentire neofiti che entrano per la prima volta in palestra formulando richieste ben precise: “io voglio l’addome, quante serie di crunch devo fare?” oppure “non mi mettere niente di complicato, voglio solo un po’ di spalle”. Beh, non funziona in questo modo! Un fisico armonioso si costruisce con allenamenti completi e spesso i presupposti per avere ben formata una determinata parte del corpo partono da esercizi che, a sensazione, coinvolgono poco quella parte. Così, è dura sviluppare un bel addome senza un corretto allenamento di tutti i muscoli della cintura, una bella schiena senza lo stacco (o il mezzo stacco) o avere un bel bicipite se non alleniamo bene i dorsali.

Bicipiti: Come dicevo, la prima regola fondamentale per sviluppare i bicipiti è allenare bene i dorsali. Per questo motivo questi due gruppi muscolari vengono generalmente allenati insieme: in questo modo si ottiene un pre-affaticamento dei bicipiti per poi passare al loro allenamento specifico, magari con esercizi di isolamento, cioè monoarticolari (che coinvolgono una sola articolazione, ma attenzione, anche un curl può diventare multiarticolare se nell’ultima fase del movimento usiamo il c.d cheating, cioè bariamo un po’ coinvolgendo il colpo di reni o altre strane movimentazioni per riuscire a concludere la ripetizione con il bicipite che ha già ceduto). Ma quale si può considerare il migliore esercizio di isolamento per i bicipiti? Quello che permette di allungarlo completamente quindi di accorciarlo completamente! Questo di certo non si verifica con la tanto venerata Scott (che allena principalmente il brachiale e brachioradiale) dove il movimento inizia con il bicipite già contratto, né con le infinità di curl concentrati.
La massima estensione e la completa contrazione si ha invece con il curl sulla panca inclinata (50-60°), ancora meglio se ci si abbina la tecnica dei manubri caricati asimmetricamente, cioè con un maggior peso al capo del mignolo della mano.

La trattazione successiva non può che riguardare il Dorso. Non si può infatti rincorrere una bella forma fisica senza lo sviluppo dei dorsali.
Senza entrare nel dettaglio sull’anatomia di questa parte, molto complessa e formata da tanti piccoli muscoletti, limitiamoci a quanto qui ci interessa: quando parliamo dello sviluppo del dorso ci riferiamo a due aspetti: la sua “larghezza”, per ottenere la tanto ambita forma a V (quindi ci riferiamo allo sviluppo del gran dorsale) e il suo “spessore”, per evitare le c.d. scapole alate (dovute alla debolezza del romboide).
A tal fine, gli esercizi che non possono mancare sono:
-Le trazioni; ammetto che è un esercizio difficile, che richiede anche parecchia forza, quindi si può iniziare con la lat machine che simula lo stesso movimento. L’esecuzione che consiglio solitamente è quella avanti perché quella dietro il collo (in cui comunque non si dovrebbe scendere oltre il lobo dell’orecchio) ha molti più rischi d’infortunio. Fate attenzione a tenere sempre la schiena arcuata e, senza dondolare, portate la sbarra al petto unendo le scapole. La presa deve essere larga, a circa 15 cm dalle spalle. Durante la negativa, quindi quando scendete (o quando rilasciate nella lat machine), cercate di fare più resistenza possibile, in modo che questa fase duri circa 3 secondi (per quella positiva ne bastano 2).
-Il rematore. Questo esercizio si può eseguire con la sbarra a T, con un normale bilanciere oppure con i manubri (magari uno per volta). Anche in questo caso la zona lombare è inarcata (non fate la gobba!), le ginocchia sono leggermente piegate e le scapole si avvicinano durante la fase positiva. Anche il pulley offre lo stesso vantaggio (lo spessore), quindi non fate mancare al vostro allenamento dei dorsali almeno uno di questi esercizi.

Il discorso si complica un po’ di più passando ai Tricipiti, perché, come dice il nome, i capi sono 3 e difficilmente riusciremo a sollecitarli tutti al massimo con un solo esercizio.  Questi tre capi necessitano di grossi movimenti e prese rigorosamente strette. A testensioni distesi sulla panca (come nel pull-over) impugnando un bilanciere EZ (quello “a zig zag” per intenderci).  Durante l’esecuzione dorsali e addominali devono rimanere contratti, i gomiti stretti e bloccati come fossero legati.
Senza abbandonare la posizione sulla panca si può passare al capo laterale, stavolta con una barra dritta e una presa inversa (cioè con la mano supinata, quindi il palmo all’insù; la presa del curl) e stretta. Anche stavolta i gomiti sono rigidi, quindi si scende fino a quando non sfiorano la panca, quindi si sale distendendo completamente (ricordiamoci che i tricipiti lavorano in distensione!!).
Un’esercizio che coinvolge tutti e tre i capi sono le distensioni alle parallele. L’importante è tenere il busto in posizione verticale, scendere in modo controllato fino a che le spalle non si troveranno all’altezza dei gomiti o leggermente più sotto e tenere le mani vicine al corpo (per evitare l’intervento del gran dorsale e del grande rotondo), con i gomiti stretti, che non devono aprirsi durante l’esecuzione del movimento.

Passiamo ora alle Spalle. Anche qui, dobbiamo partire cercando di capire cosa vogliamo allenare. Tutti vogliamo “allargare le spalle” e questo è più che comprensibile dato che solo con delle belle spalle potremo puntare alla proporzione dell’intero corpo; con delle spalle più larghe, infatti anche il punto vita sembrerà più stretto e l’intera fisionomia acquisterà armonia. Ma allargare le spalle significa sostanzialmente sviluppare il capo laterale del deltoide. E quello posteriore o quello frontale a chi lo lasciamo? Quante volte non capita di vedere ragazzoni con un bel tronco a V ma che sembrano gobbi? Questioni di postura e questioni, soprattutto, di deltoide posteriore (che manca…) !! Oppure appaiono molto larghi ma di profilo ogni volume si annulla? Oppss…niente capo frontale del deltoide! 
Nell’allenamento delle spalle dobbiamo infatti avere ben presente che sono  3 “le parti” da sviluppare affinchè il busto acquisti davvero proporzione e armonia e a ognuna dobbiamo dedicare la stessa cura per non cadere negli errori, o meglio, negli orrori dello sviluppo della sola parte che possiamo ammirare allo specchio.
Per il capo laterale non potranno mai mancare le alzate laterali. Lo so, chi entra in palestra per la prima volta viene, nella maggior parte dei casi, collocato seduto su una panca e gli viene insegnato che questo esercizio deve essere fatto da seduti per non sovraccaricare la colonna.  Questo, quando l’istruttore vecchia scuola ha voglia di azzardare una spiegazione... 
Ricordiamo innanzitutto che si tratta di muscoli piccoli, forti davvero solo quando lavorano in sinergia con le fasce circostanti (trapezio, pettorale, dorsale, grande rotondo), motivo per cui è molto difficile isolarlo. Quindi l’isolamento non sarà mai possibile quando vedete impugnare carichi da Hulk, per poi scimmiottare un alzata laterale con le vene che escono sul trapezio e le gambe che si flettono e si distendono a ogni ripetizione per dare un colpo di reni (iperestendendo anche la schiena). Avranno lavorato tutto tranne che i deltoidi.  Ricordate inoltre che i gomiti rimangono rigidi, è solo l’articolazione della spalla a muoversi.
Dunque, se non si possono usare carichi alti quali implicazioni si dovrebbero avere sulla schiena? Inoltre, è proprio la posizione da seduti che sovraccarica la schiena annullando la curva lombare e non di certo quella da in piedi, con le ginocchia leggermente flesse, l’addome contratto e tutta la colonna ben allineata. Questo discorso, ovviamente, vale per tutti i soggetti che non hanno problemi di iperlordosi/ipolordosi.  Nel primo caso ha senso utilizzare la posizione da seduti al fine di cercare di ripristinare una posizione più corretta (cioè meno arcuata); si potrebbero anche sollevare le gambe posizionando i piedi su un rialzo. Nel secondo addirittura si può cercare di mettere un asciugamano arrotolato tra schienale e curva lobare per sollecitare una posizione più arcuata.
Ora, eseguite il movimento con  gomiti leggermente piegati e le braccia che salgono fino, al massimo, a diventare parallele con il pavimento. Oltre questo angolo il lavoro sarà bypassato al trapezio.
Se volete aggiungere un paio di kg in più senza coinvolgere troppo i muscoli sinergici, provate ad eseguirlo con un braccio alla volta.
Se poi volete inserirlo all’interno di una seduta di allenamento molto intensa, provatelo in superserie con le alzate al petto (non al mento, a meno che non puntiate, anche questa volta, al trapezio).
Ah, ovviamente parlo di manubri e non di cavi!!!
Nessun esercizio con i cavi può definirsi “immancabile” perché nessuno di essi è davvero efficace per via delle carrucole che, riducendo la resistenza della macchina al movimento, finiscono per ridurre notevolmente (e in alcuni casi addirittura per annullare) la fase eccentrica, che è anche quella più importante ai fini dell’ipertrofia. I cavi usateli durante i periodi di scarico o in fase di definizione, quando le energie sono poche e alla fine interessa solo compiere il movimento.
Per allargare le spalle, le fonti più autorevoli consigliano il lento avanti. Ci sono anche molte dottrine contrarie vista la difficoltà di questo esercizio e il conseguente rischio d’infortuni. Merita però un cenno: innanzitutto abbandonate il multipower e prendete un bilanciere.  Seduti su una panca a 80° oppure in piedi (ma qui fate molta attenzione, ancora una volta, alla curva lobare, divaricate le gambe e flettete le ginocchia), partite con la barra in corrispondenza della clavicola, quindi con un movimento non proprio lineare (al quale, al contrario, vi costringerebbe il multipower), ma a parabola, visto che dovete superare il mento senza urtarlo. Salite, portando il bilanciere sopra la testa, senza distendere del tutto le braccia (a braccia completamente distese si ottiene l’esercizio standard) per evitare l’eccessivo intervento del tricipite quindi scendete lentamente.  Ricordatevi di tenere sempre basse le spalle per non sollecitare troppo il trapezio.
Per quanto riguarda il deltoide frontale vi è un esercizio in cui sentirete davvero bruciare la vostra spalla e non sono le alzate frontali. Si tratta delle distensioni con bilanciere su panca orizzontale e presa inversa (palmo in su).  Qui c’è chi consiglia di portare il bilanciere in prossimità dello sterno, io vi direi di provare invece a portarlo all’altezza dell’ombelico; da questa posizione, con i gomiti stretti, si sale senza distendere del tutto le braccia (per evitare l’intervento del tricipite) e si scende molto lentamente.
Ora manca solo il deltoide posteriore. Premesso che i muscoli delle spalle non lavorano insieme, possono anche essere sollecitati in sedute diverse. Per questo motivo l’allenamento ideale del deltoide posteriore avviene nella seduta di allenamento del dorso, con i cui esercizi questo muscoletto viene preaffaticato, quindi quando si passa al suo specifico allenamento sarà già caldo e irrorato di sangue e risponderà al meglio.
L’esercizio che sto per consigliare, ovvero le abduzioni con il busto a 90°, non è per niente facile ma impararlo ad eseguirlo correttamente dà davvero grandi soddisfazioni. Lo si può eseguire da seduti, con il petto sulle ginocchia oppure appoggiati ad una panca inclinata. Personalmente preferisco non avvalermi di niente ed eseguirlo con i piedi ben piantati a terra e le ginocchia piegate oppure, al massimo, quando opto per la versione ad un braccio per volta, tengo solo l’altro braccio su un appoggio.
Ottimo anche un altro esercizio, che non si vede fare proprio mai: si tratta di impugnare molto largamente un bilanciere , portarlo al petto, con i polsi dritti e i palmi rivolti verso il pavimento, quindi distendere le braccia (non completamente) allontanando la barra e fletterle avvicinandola fino a quando non tocca il petto. Si tratta di un movimento molto simile a quello che si esegue sull’apposita macchina per il deltoide posteriore.

Il petto!
I pettorali sono per gli uomini uno dei muscoli più ambiti, tant’è vero che capita molto spesso di vedere ragazzi con ampi pettorali ma gambe ridicole o incurvati in avanti proprio perché hanno dedicato un po’ troppa cura a questi muscoli (che quindi si sono accorciati parecchio) dimenticandosi delle altre parti del corpo. Per le donne, al contrario si cerca di non esagerare nell’allenarli, non perché poi scompare il seno (altrimenti dovremmo credere anche che allenando l’addome sparisce la pancia) ma perché la mammella, posizionata su un pettorale molto sviluppato, risulta antiestetica (ma è questione di gusti). Quindi le donne che non vogliano pettorali da uomo, dovrebbero evitare carichi pesanti nell’esecuzione dei relativi esercizi, nonché, esercizi che coinvolgano troppo la parte bassa del pettorale (anche se non è possibile un isolamento completo poiché la contrazione del muscolo arriva dal cervelletto a forma di scarica elettrica, quindi si inserisce nel muscolo come una spina, dunque la contrazione riguarda l’intero muscolo ).
Passando ora agli esercizi, il primo è senza dubbio la distensione su panca piana. Questo, non tanto per l’effettivo grande lavoro del pettorale, che in realtà neanche lavora così tanto durante l’esecuzione di questo esercizio (:l’arco di movimento dell’omero è molto ridotto, manca quindi la contrazione finale; inoltre c’è un notevolissimo intervento del deltoide anteriore e del tricipite; se poi s’inizia anche ad inarcare la schiena spingendo i piedi a terra con tutta la forza possibile è naturale che tutto si è allenato, tranne che il pettorale), ma per la grande spinta anabolica che ha, un po’ come lo squat (dove però le gambe lavorano davvero).  Per la ricerca della contrazione finale l’unico metodo è quello di eseguire anche qualche ripetizione a presa stretta.
Un esercizio che invece riesce ad isolare abbastanza bene il petto sono le croci, dove l’arco di movimento è molto ampio e si sfrutta anche la contrazione finale. L’unico problema sta nel fatto che, se eseguito con i manubri sulla panca piana, mano a mano che questi salgono, diminuisce il carico esercitato sul pettorale (che si sposta parecchio sulle articolazioni), quindi, pur con grande rammarico, devo riportarvi il consiglio da manuale: eseguirlo ai cavi (ma come abbiamo visto, qui c’è un grosso problema nella fase eccentrica). Oppure si potrebbe utilizzare il metodo Arnold, che usava aprire completamente le braccia e risalire solo fino a quando sentiva la contrazione del pettorale (quindi senza avvicinare i manubri fino a quando si toccano), lasciandolo in continua tensione.
Un esercizio che però risolve davvero tutti questi problemi , anche se suona un po’ come un’eresia visto che si tratta di un esercizio a corpo libero, è il push up (flessioni, piegamenti sulle braccia, o come vogliate chiamarlo). L’ideale sarebbe farlo ad un braccio solo, magari su un rialzo se a terra risulta troppo difficile (o magari con i piedi su un rialzo se, al contrario, siete molto forti). Questo esercizio sicuramente garantisce un carico costante (il peso del proprio corpo, che non è poco) e una contrazione completa.
Per quanto riguarda le donne, io limiterei il lavoro a qualche serie di flessioni a terra (che coinvolge anche il resto del corpo) e distensioni su panca inclinata, per stimolare principalmente la sezione più alta.
Le gambe!
Ho trattato questo argomento davvero infinite volte, quindi qui mi limiterò, come da titolo agli esercizi che non possono mancare.
Questi sono lo squat, gli stacchi e gli affondi. Nell’insieme, sono di per se sufficienti per un allenamento completo delle gambe, senza considerare i polpacci, che meritano un discorso a parte .
Un buon lavoro sulle gambe, con questi esercizi fondamentali, stimola in generale tutto il corpo, quindi promuove la crescita anche della parte superiore migliorando l’aspetto dell’intera figura, grazie alla loro fondamentale spinta anabolica.
Lo squat. Nel corso del tempo ne sono nate tantissime versioni per cambiare angolo di lavoro e concentrarsi maggiormente su alcuni punti rispetto ad altri (ma rimane sempre e comunque un esercizio multiarticolare, mai di isolamento), cosa fondamentale a chi oramai è arrivato al voler migliorare il dettaglio perché ha già raggiunto un buon risultato complessivo.  E’ questo il caso del bodybuilder che si prepara per una competizione (anche se mai lo squat classico manca nei suoi allenamenti). Per chi invece il risultato complessivo lo sta ancora inseguendo, non può assolutamente prescinderne.
Vediamo alcuni accorgimenti fondamentali durante l’esecuzione dell’Esercizio (perché, senza se e senza ma lo squat è il principe di tutti gli esercizi), che spesso vengono dimenticati anche da chi frequenta la palestra da anni: innanzitutto la posizione dei piedi, non rigorosamente paralleli ma con le punte dei piedi leggermente aperte, in modo da risultare allineate rispetto alle ginocchia; la distanza fra i piedi deve essere leggermente maggiore rispetto a quella delle spalle. La barra non va posizionata sulla zona cervicale bensì più in basso, sulla parte centrale del trapezio. Durante l’esecuzione bisogna avvicinare le scapole, contrarre l’addome e scendere fino a quando non sarete paralleli al pavimento, quindi rispettando la curva lombare (l’accosciata, che annulla detta curva, lasciamola ai più che esperti o a chi esegue il movimento a corpo libero o comunque con carichi davvero trascurabili). Tenete i talloni ben incollati al pavimento e spingete con forza su di essi durante la risalita, quindi contraete i glutei, espirate e non distendete completamente le ginocchia. Ah, non dimentichiamoci della testa, dritta e con lo sguardo avanti.
Merita un cenno anche la cintura. Quante volte non capita di vedere persone che entrano in palestra con la cintura indossata e quando vanno via la cintura è ancora lì? Niente di più sbagliato! La cintura può risultare utile solo per le serie veramente impegnative (nasce infatti nel powerlifting), ma anche in questo caso andrebbe reperita quella più larga anche sulla parte frontale, in modo da fasciare bene tutto il Core (cioè la nostra naturale cintura addominale, formata da tanti muscoli, anche lombari) non quelle classiche in commercio. Indossare la cintura durante l’intero allenamento inibisce, infatti,  l’utilizzo del Core e lo sviluppo di capacità quali l’equilibrio (poiché gli stabilizzatori non vengono mai sollecitati) e coordinazione. Dunque, con una cintura adeguata, possiamo trarre benefici se utilizzata durante le serie veramente impegnative (quindi principalmente nei periodi di forza, in cui si utilizzano carichi prossimi al massimale) e prevenire l’ernia del disco (ma non anche quella inguinale, che, anzi, viene favorita dalle pressioni intraddominali!).
Per quanto riguarda gli affondi, a questo esercizio ho già dedicato un’ampia trattazione, quindi vi lascio il link:http://luisatrainer.blogspot.it/2014/07/gli-affondi.html
Anche degli stacchi esistono diverse varianti. Quella classica, che appartiene al mondo del powerlifting e raramente si vede in sala pesi, è un esercizio che sviluppa principalmente la forza e coinvolge praticamente ogni gruppo muscolare.  Ha una spinta anabolica davvero incredibile! E’ un esercizio davvero difficile e non potrò mai dimenticare, in uno dei corsi che ho frequentato, in cui l’insegnante era proprio un pesista, quante ore abbiamo passato in palestra a provarlo prima di arrivare ad un cenno di approvazione.
Per questo motivo non voglio neanche azzardare una spiegazione sulla sua esecuzione; se volete impararlo dovete affidarvi ad un istruttore davvero molto bravo, perché senza l’ausilio di qualcuno che veda cosa state facendo, ogni spiegazione è superflua.
Più a portata sono invece le versioni a gambe tese e il mezzo stacco alla rumena (romanian deadlift) che concentrano il lavoro principalmente su glutei e femorali, ed è questa la parte che qui ci interessa.
Negli stacchi a gambe tese ci si posiziona su un gradino (per esempio uno step)al fine di scendere oltre le punte dei piedi, e concentrare il lavoro su glutei e femorali. La schiena rimane costantemente inclinata in avanti poiché si risale solo fino all’altezza delle ginocchia o poco più (le scapole rimangono abdotte), quindi non ci troviamo mai in posizione eretta.
I mezzi stacchi invece si eseguono partendo dalla posizione eretta, con i piedi fermi a terra, quindi si scende fino a quando la schiena mantiene le sue naturali curve e si risale avvicinando le scapole.
In entrambi gli esercizi le ginocchia devono rimanere ferme (sia che le gambe siano completamente distese, sia che rimangano leggermente piegate) e il carico deve scorrere lungo le gambe.

Ed eccoci, finalmente, all’addome, o meglio, alla cintura addominale, perché, non si può costruire un bel addome senza allenare (o evitare di allenare) anche altri muscoli che si trovano in quella zona. Anche a questo argomento ho dedicato un apposito articolo ( http://luisatrainer.blogspot.it/2014/07/addome-piatto-allenare-la-cintura.html ), quindi ora mi limiterò ad indicare gli esercizi più efficaci.
-Il crunch. La sua efficacia è pari al 100%, ma aumenta notevolmente se eseguito su una fit ball, che, richiedendo un maggiore equilibrio, incrementa il lavoro addominale (poiché recluta molti più muscoli ausiliari per stabilizzare il baricentro). Una volta che riuscirete ad eseguire 4 set da 30 ripetizioni senza eccessive difficoltà, potreste eseguire l’esercizio tenendo fra le mani un carico (dietro la nuca).
-La bicicletta. Uno studio condotto nel 2001 qualifica questo esercizio come uno dei migliori in assoluto poiché richiede un doppio lavoro: da una parte si cerca di avvicinare il busto verso il bacino e dall’altra si compie il lavoro opposto. In questo modo si sfruttano diversi angoli di lavoro, nonché l’intensità, necessariamente più elevata rispetto agli esercizi che richiedono un unico movimento.
-Il leg rise. Per iniziare, l’ideale sarebbe eseguirlo sull’apposita macchina che permette di appoggiare gli avambracci. Da questa posizione le gambe vengono portate verso il busto e vi sono due alternative: Portando le ginocchia al petto (versione più facile) oppure portando le gambe tese verso  la testa (versione più difficile). In ogni caso ricordate che è il bacino a salire e non semplicemente le gambe.

Se poi siete diventati molto forti e volete aumentare ancora di più il livello di difficoltà, potete eseguirlo alla sbarra (dove sono solo le mani a garantire la presa); questa versione comporta uno sforzo maggiore a carico delle braccia, ma anche una maggiore destabilizzazione che i vostri muscoli dovranno riequilibrare controllando il movimento per evitare di dondolare.

Ora avete davvero tutti gli strumenti per costruire ottimi allenamenti!