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giovedì 31 luglio 2014

Proteine in polvere: come sceglierle?

Uno degli integratori più usati nel mondo del bodybuilding sono le proteine in polvere.  Nell’ambito dei “non addetti ai lavori” e dei neofiti molte sono le incertezze e i dubbi che, in linea di principio, derivano dall’ignoranza. Quante volte non avrete sentito dire “io preferisco mangiare bene invece di buttare giù tutte quelle schifezze”. Ed è proprio questa l’ignoranza. Schifezze? Allora mi chiedo se queste persone hanno mai letto (e magari anche capito) la lista degli ingredienti dei cibi che consumano abitualmente. Se così fosse si renderebbero conto che le vere schifezze sono lì!
Nella trattazione sulle proteine in generale spiegavo in quali alimenti sono contenute, il loro valore biologico e le quantità necessarie quotidianamente a seconda che si parli di un individuo sedentario oppure che pratichi un determinato sport. Abbiamo quindi visto che queste quantità possono variare anche di molto, e, nel caso in cui si pratichi bodybuilding ,le proteine necessarie possono anche superare i 2 gr per kg di peso corporeo.  Dunque, l’unico modo per soddisfare questo fabbisogno proteico evitando di assumere anche i carboidrati e/o i grassi saturi nonché il colesterolo presenti negli alimenti- fonti proteiche è quello di ricorrere alle proteine in polvere. Questo non significa sostituire la carne, il pesce, le uova, ecc completamente con le polveri, ma solo, appunto, di integrare la restante quota oppure di utilizzare le proteine in polvere quando le necessità richiedono una maggiore velocità di assorbimento rispetto a quella che si avrebbe con alla digestione di un cibo solido. Possono inoltre tornare utili quando si è fuori casa o si va di fretta, cioè quando risulta più agevole mettere un misurino di polvere in uno shaker rispetto a grigliare un pezzo di carne o bollire delle uova.
La funzione principale delle proteine nell’ambito del bodybuilding è quella di reintegrare le proteine dei muscoli demolite durante l’allenamento, quindi di ricostruirle nuovamente, in modo sempre più efficace dal punto di vista anabolico. Tuttavia, questo meccanismo ha i suoi limiti e l’abuso di proteine può comportare anche un incremento della massa grassa (il nostro organismo trasforma in riserve adipose tutto quello che ritiene eccessivo, proteine comprese!), oltre a problemi metabolici.

Come scegliere le proteine in polvere?
Come per i cibi-fonti proteiche, così anche per le proteine in polvere, il primo criterio sarà il loro valore biologico (VB), che indica la loro efficacia (il rapporto fra azoto trattenuto e azoto assorbito, la composizione in termini di amminoacidi contenuti, soprattutto quelli essenziali).  A questo punto ci si deve chiedere qual è il momento della giornata in cui intendo assumerle? Voglio prevenire il catabolismo notturno? Voglio utilizzarle post allenamento o prima? Devo raggiungere il mio fabbisogno proteico perché non ne assumo abbastanza con l’alimentazione?

Sul mercato se ne trovano di vari tipi, vediamo quali sono e quali peculiarità possiedono:

Le proteine dell’uovo (albumina):
-rappresentano il perfetto equilibrio tra azoto assorbito e trattenuto, quindi tra i vari amminoacidi essenziali. Infatti, il loro VB è pari a 100.
-La loro velocità di assorbimento è media rispetto alle altre: vengono assimilate nel giro di un’ora e rimangono nel flusso ematico per circa 4 ore. 
-Sono un’ottima fonte di arginina, la quale, insieme ai glucidi, aumentando i livelli di insulina, favorisce l’ingresso degli amminoacidi e del glucosio nelle cellule muscolari, quindi la rigenerazione di questi tessuti logorati dallo stress indotto con l’allenamento. Mescolata ad una proteina più veloce (cioè che viene assorbita più velocemente), come quella del siero del latte, si ottiene un’ottima miscela post allenamento.
-sono più costose rispetto alle proteine del siero ma rappresentano una buona alternativa in caso di intolleranza al lattosio.

Le proteine del siero del latte (Whey)
-rappresentano l’alternativa meno costosa alle albumine dato il loro VB molto simile (quindi simile contenuto di amminoacidi);
-vengono assorbite nel giro di 20-30 minuti e rimangono in circolo per circa 3 ore; questa velocità di assorbimento molto alta fa si che vengano preferite dopo l’allenamento (insieme ad una fonte di carboidrati a medio-alto indice glicemico per scatenare l’innalzamento della glicemia e l’ingresso di questi nutrienti nei muscoli ) oppure la mattina appena alzati quando, dopo il digiuno notturno, si ha necessità di frenare il catabolismo ripristinando immediatamente il livello di aminoacidi, cioè assumendo immediatamente delle proteine. Al contrario, un alimento solido rilascerà le proteine molto più lentamente (cioè nel giro di 2-3 ore, il tempo necessario alla digestione). Poiché, sembrerebbe che il nostro organismo non sia in grado di sintetizzare più di 30-50 gr di proteine per volta (la variazione è in relazione al peso corporeo) si dovrebbe evitare di assumerne di più. Questo però non significa che, dopo aver consumato le proteine in polvere non ci si possa comunque preparare una colazione che includa un’altra fonte proteica. Infatti, abbiamo visto che quest’ultima avrà un tempo di digestione più lungo (rallentata anche dai carboidrati).
In conclusione potete sia optare per uno shaker in cui mescolare proteine del siero e proteine più lente come le caseine, sia per le proteine del siero appena alzati e degli albumi nell’ambito della vostra colazione.

In commercio le proteine del siero esistono sotto tre forme:
-isolate: hanno un contenuto proteico intorno al 90% e meno grassi e lattosio
-concentrate: hanno un contenuto proteico inferiore al 90% e più grassi, colesterolo e carboidrati (comunque in quantità trascurabili)
-idrolizzate: le c.d proteine predigerite o scomposte (in grandi peptidi) quindi con tempi di assimilazione molto più brevi (10-15 minuti e rimangono in circolo per circa 3 oreà ideali nel post workout); a questo vantaggio naturalmente corrisponde un prezzo superiore.

Proteine della caseina
La caseina non è altro che il caglio che si ottiene quando si separa il siero. Il loro VB, nella migliore delle ipotesi è pari a 80 e il tempo di assimilazione è di circa 70-80 minuti ma rimangono nel flusso enzimatico per circa 7-8 ore. E’ questa la ragione per cui la loro assunzione viene consigliata la sera, prima di andare a dormire, in modo che l’organismo non rimanga a digiuno e attinga alle proteine dei muscoli (c.d. catabolismo notturno) oppure durante il giorno quando non si ha la possibilità di fare lo spuntino fra i pasti principali (anche se buona regola vorrebbe che lo spuntino non venga mai saltato). Inoltre, la loro alta concentrazione di glutammina, secondo alcuni studi, stimolerebbe anche un maggior rilascio di Gh (ormone della crescita).

Proteine della soia
Dato il loro VB inferiore a 70, questo tipo di proteine sono state da sempre poco considerate nel mondo del bodybuilding. Da qualche anno però sono apparse sul mercato nella forma isolata, con un ottimo profilo aminoacidico (soprattutto BCAA) e ricche di glutammina, componenti fondamentali nello sviluppo muscolare. Questo tipo di proteine, oltre ad essere molto utili per chi segue una dieta vegetariana o vegana, hanno il pregio di stimolare l’ormone tiroxina, in grado di velocizzare il metabolismo e favorire l’ossidazione dei grassi, quindi sono particolarmente adatte nella fase di definizione.
Il tempo di assimilazione è di circa 90 minuti, e, poiché rimangono in circolo (cioè rilasciano aminoacidi) anche per 9-10 ore, come le caseine, sono in grado di prevenire il catabolismo notturno.

NB: Nell’ambito di tutte le proteine che abbiamo visto, sia vegetali che animali,  esistono le forme isolate e idrolizzate.

Non arrenderti e avrai già vinto!

Sono la resistenza che si combatte fisicamente nello sport e la fatica che si combatte nella vita di tutti i giorni che costruiscono un carattere forte.
La forza non arriva dalle vittorie. La lotta e le sfide sviluppano la tue forze. Quando attraversi le difficoltà e decidi di non arrenderti, quella è forza. Arnold Schwarzenegger

martedì 29 luglio 2014

Come mettere le fasce





Un grande aiuto per aumentare i carichi!

One Leg Squat





Lo squat è il Re degli esercizi! Questa variante non richiede un sovraccarico perchè utilizza il vostro stesso corpo (ma comunque, una volta diventati più forti, potreste tenere in mano un carico) e sviluppa anche equilibrio e coordinazione.

Saltare la corda





Il salto della corda coinvolge tutto il corpo! Potete inserirlo come stazione all'interno di un circuito o utilizzarlo singolarmente. Qui vi mostro alcune modalità, provate ad eseguirle per 30 secondi ciascuna e otterrete un'ottimo allenamento!

Burpees!





Immancabili!

"Scambio mani"





All'inizio potrà sembrarvi difficile, ma, non mollate e le vostre gambe vi ringrazieranno!
NB: tutto il lavoro viene svolto dalle gambe, le mani sono solo di appoggio, non atterrate su di esse con violenza ma controllate la discesa.

Leg rise





Basta trovare una sbarra!

Lombari e glutei su panchina





Rafforzate la bassa schiena!

Addome a terra





Un addome forte è il requisito imprescindibile per lo sviluppo di tutte le altre parti del corpo!

Affondi e salti in posizione squat





Per gambe più toniche!

Obliqui





Un buona alternativa ai soliti crunch per sviluppare anche equilibrio e coordinazione!

Salti con le ginocchia al petto





Aumentate l'intensità dei vostri allenamenti con questo fantastico esercizio!

Salti su una panchina





Un esercizio che potete fare ovunque! Inseritelo in un allenamento a circuito per aumentarne l'intensità!

Le spalle in V position





Un esercizio da inserire nei vostri allenamenti!
Se siete ancora all'inizio, provatelo prima con i piedi a terra, poi, mano a mano che diventerete più forti, posizionate i piedi sempre più in alto per aumentare la difficoltà dell'esercizio. Nel giro di qualche mese sarete in grado di eseguirlo anche in verticale su un muro!

Flessioni e stacchi





Un esercizio da inserire nei vostri allenamenti!

Allenamento outdoor





Per chi ama gli allenamenti all'aperto, vuole provare qualcosa di diverso oppure non ha modo di andare in palestra, ecco un circuito che farà lavorare sia i vostri muscoli che il vostro cuore! Buon workout!

Superate il punto in cui sembra impossibile andare oltre e avrete già vinto!

Durante ogni allenamento, qualunque sia il tuo sport, ti senti distrutto perché in ogni allenamento devi andare oltre quello che sul momento ti sembra il tuo limite: tu cominci a correre, a scattare a calciare e dopo un po' ti sembra di aver esaurito ogni energia, mentre hai solo esaurito quello che io chiamo "primo fiato". A quel punto bisogna sforzarsi per superare la piccola crisi che sembra bloccarti, per arrivare al "secondo fiato": che ovviamente arriva solo dopo qualche minuto di sofferenza. Quando l'allenatore dà lo stop senti il cuore che batte vertiginosamente, sembra che debba scoppiarti nel petto: devi riuscire a ricondurlo al suo ritmo normale in meno di due minuti; se non ci riesci è meglio che apri una tabaccheria o tenti di diventare Presidente del Consiglio: vuol dire che hai sbagliato mestiere.
Johan Cruijff

lunedì 28 luglio 2014

Fate diventare il vostro sport uno stile di vita!

La pratica sportiva è un microcosmo della vita fatto di sacrifici, applicazione nel lavoro, rispetto delle regole, successi e delusioni. Ma è soprattutto un modo sano di intendere la vita, a prescindere dai risultati che ciascuno può ottenere. Cesare Prandelli

sabato 26 luglio 2014

Il miglior amico di ogni ragazza è lo squat!

Non sono i gioielli o i bei vestiti a renderci belle, dobbiamo esserlo a prescindere. Dobbiamo stare bene con noi stesse, essere sicure e a nostro agio in ogni situazione, essere felici del nostro corpo e viverlo con serenità. Forza, guerriere, è ora di perfezionare il lavoro di madre natura!

Superate i vostri limiti!

Sono pronta a sfidare i limiti. La storia li pone, gli uomini devono superarsi per generare altri ostacoli che puntualmente verranno abbattuti. E' lo sport, come la vita.
(Valentina Vezzali) Buongiorno, guerrieri!

giovedì 24 luglio 2014

Le proteine. Quali e quante?

A cosa servono le proteine?
Partiamo dall’evidente presupposto che le proteine sono indispensabili per la vita: costituiscono infatti gli organi e i tessuti del nostro corpo. Siamo fatti di carne, quindi di proteine, ma anche le unghie, i capelli e la pelle necessitano degli amminoacidi contenuti nelle proteine.
Tutti i processi metabolici che si verificano all’interno del nostro corpo hanno bisogno delle proteine perché gli enzimi stessi (nella stragrande maggioranza), ovvero i catalizzatori dei processi biologici, sono proteine. Trasportano varie sostanze nel sangue, sono neurotrasmettitori e sono  fondamentali per la contrazione muscolare e per le difese immunitarie.
Possono fornire energia e,  pur essendo questa una funzione marginale, diventano importanti in caso di digiuno prolungato poiché vengono sfruttate le catene ramificate (leucina, isoleucina e valina) a scopo energetico.
Sono formate da sequenze di amminoacidi, unite da legami peptidici. Gli amminoacidi coinvolti nella sintesi proteica sono 20, di cui 8 essenziali (questi devono essere necessariamente introdotti attraverso la dieta, poiché l’organismo non è in grado di sintetizzarli altrimenti): leucina, lisina, fenilalanina, triptofano, treonina,  metionina, isoleucina e valina; durante il processo anche l’arginina e l’istidina diventano essenziali.
Ogni grammo di proteine fornisce 4Kcal.

Nel nostro organismo vi è una continua costruzione e demolizione di proteine e il 98% di esse vengono completamente rinnovate ogni sei mesi circa, attraverso i processi anabolici (che costruiscono) e catabolici (che demoliscono). Dunque, per permettere questo continuo rinnovamento, nonché per sostituire gli amminoacidi utilizzati a scopo energetico, abbiamo bisogno di ingerirle, abbiamo cioè un fabbisogno proteico.
La domanda più frequente riguardo le proteine è: fanno male?
Dipende, come in tutte le cose è la dose a fare il veleno. Assumere troppe proteine, quando non servono, si, fa male. Poche sono le cose che non fanno male quando se ne abusa e neanche l’acqua è fra queste!
L’abuso di proteine può comportare infatti perdite di calcio, nonché un maggiore lavoro da parte dei reni per smaltire le scorie azotate. Proprio per questo motivo, in caso di dieta iperproteica o assunzione di molti integratori proteici si raccomanda di bere molta più acqua. Infatti, le proteine, per essere metabolizzate, hanno bisogno di un quantitativo di liquidi quasi due volte superiore a quello di cui necessitano i carboidrati e i grassi.
Un eccesso di proteine può anche portare ad ingrassare! Quelle che non servono verranno trasformate in grasso (gluconeogenesi, ovvero il processo di trasformazione degli amminoacidi in glucosio, in presenza di un’insufficiente quota di carboidrati) e depositate nelle cellule adipose, perché ,le uniche scorte che l’organismo accumula sono proprio quelle adipose. Mette da parte come grasso tutti gli eccessi che ingeriamo, proteine comprese, per prepararsi ad eventuali periodi di carestia.
Chi pratica un’attività sportiva finalizzata all’aumento della massa muscolare assume certamente una maggiore quota proteica rispetto all’integrazione che si segue in altri sport. Deve integrare quelle perse e deve aggiungerne altre per ricostruire il muscolo. Ma questo non significa che più se ne assumono e più si cresce, come se non ci fosse un limite. Infatti,  è l’allenamento a determinare la quota di proteine necessaria perché è durante l’allenamento che le proteine dei muscoli vengono demolite perché possano essere ricostruite (in maggior misura, se i calcoli di entrata, di uscita e stimolo allenante risultano corretti) durante il riposo.Insomma, non basta mangiare tante proteine per ingrossare i muscoli dormendo, serve uno stimolo allenante adeguato!
Detto questo, non è un mistero il frequente abuso di proteine nel mondo del bodybuilding, ma sbaglia anche chi lancia accuse a caso sul “troppo”. Tutti avrete sentito questo genere di esortazioni e spesso chi elargisce questi consigli non fa che ripetere quanto sentito da un altro individuo, magari ancora meno informato. Allora mi verrebbe da chiedergli: Visto che sembra che tu ne sappia molto, in base a quali parametri dovrei calcolare la quota proteica giusta per me? Mi dici che sono troppe, quindi conosci perfettamente il mio stile di vita, quali allenamenti svolgo e quale l’obiettivo sto perseguendo? Troppe in base a cosa? Ma è fatica sprecata, a meno che non si abbia difronte un medico dello sport! 

Quante proteine assumere?

In linea di principio, la quantità di proteine necessarie è inversamente proporzionale all’età: si ritiene infatti che un neonato abbia bisogno di ben 2gr di proteine per peso corporeo al giorno. La quantità scende all’aumentare dell’età. Anche le donne in gravidanza necessitano di più proteine rispetto alla persona media.

Per quanto riguarda l’adulto in generale, se facciamo riferimento al campo medico tradizionale, basato su studi che superano i 50 anni (e che non distinguono fra sedentari e atleti delle più variegate discipline ma si riferiscono ad un soggetto medio, con massa muscolare nella media, senza considerare neanche se fa l’impiegato o lavora in cantiere), dovremmo assumere circa 0,75 gr di proteine per kg di peso corporeo. E magari dovremmo anche credere che facendo tanti addominali toglieremo la pancia a cocomero! Per fortuna la ricerca progredisce costantemente e, così come ogni anno esce un nuovo computer o cellulare tecnologicamente molto superiore rispetto a quello dell’anno precedente, anche quando si tratta del nostro corpo dovremmo prendere a riferimento le ultime scoperte. Ma queste sono scelte personali e chi vuole rimanere nel passato e vivere secondo quei limiti, per fortuna, è libero di farlo (insomma, “non condivido la tua idea ma darei la vita affinchè tu possa esprimerla”): l’importante è che conceda la stessa libertà a chi invece intende procedere di pari passo con la scienza.

Più recentemente la FAO ha innalzato la quota a 1gr di proteine per kg di peso corporeo, forse tenendo conto anche di come è cambiata la popolazione negli ultimi anni. Tuttavia, tale parametro è ancora riferito alla persona media e non fornisce le indicazioni necessarie agli atleti.
Gli studi che invece si sono occupati degli sportivi forniscono i seguenti  parametri:
-sport di velocità: 1,8 gr di proteine per kg di peso corporeo;
-sport di forza: minimo 2 gr di proteine per kg di peso corporeo;
-sport aerobici (fitness, attività fisica moderata come i vari corsi proposti dai centri fitness): 1,3-1,5
-sport di endurance: 1,5 gr di proteine per kg di peso corporeo;
-bodybuilding amatoriale: 1,5-2 gr
-bodybuilding (atleti che competono o sono allo stesso livello): 2,5 gr di proteine per kg di peso corporeo.

Per qualcuno risulterà superfluo  precisare che ingerire 100 gr di proteine non equivale a mangiare 100 gr di petto di pollo o di un altro alimento proteico, ma per chi come me frequenta le palestre ed entra in contatto con moltissime persone e gli infiniti falsi miti, vi assicuro che non lo è.
Così come nel caso dei carboidrati, anche le fonti proteiche sono diverse fra loro e contengono livelli diversi di proteine a parità di peso dell’alimento.

Ecco alcuni alimenti che contengono una buona quantità di proteine a parità di peso, cioè 100 gr:
SOIA SECCA: 36gr
PINOLI: 32gr
BRESAOLA: 32gr
PROSCIUTTO CRUDO: 28gr

TONNO/SPIGOLA/PESCE SPADA/COZZE/ FAGIOLI SECCHI: 23gr
PETTO DI POLLO/ PROSCIUTTO COTTO: 22gr
MAIALE MAGRO: 21gr
FILETTO DI BOVINO ADULTO/ VITELLO :21gr
SCAMPI/GAMBERI/GAMBERETTI: 20gr
MANDORLE: 20gr
MERLUZZO/NASELLO: 17gr
Una lista più completa potete trovarla qui: http://www.valori-alimenti.com/cerca/proteine.php

A questo punto la domanda sorge spontanea: quali scegliere?

In linea di principio 2/3 delle proteine che ingeriamo dovrebbe avere origine animale e 1/3 origine vegetale.
Il parametro di riferimento principale è il loro Valore Biologico che costituisce il rapporto tra l’azoto trattenuto  e quello assorbito.
 
dove al numeratore abbiamo la differenza fra l’azoto consumato  attraverso l’alimentazione e quello espulso (=azoto trattenuto), mentre al denominatore l’azoto alimentare consumato e quello non digerito, quindi contenuto nelle feci (=azoto assorbito.)
Abbiamo visto che le proteine sono composte da amminoacidi e solo alcuni di essi sono essenziali, cioè si devo assumere attraverso l’alimentazione o l’integrazione perché l’organismo non è in grado di sintetizzarli da solo.
Il V B delle proteine è determinato dagli amminoacidi che contiene. Meno amminoacidi sono contenuti (soprattutto con riferimento a quelli essenziali) e minore sarà il suo VB, in quanto la composizione in termini di amminoacidi della proteina che si assume deve avvicinarsi il più possibile alla composizione che dovrà sintetizzare, cioè quella del nostro corpo. Per questo motivo proteine animali hanno un VB più alto rispetto a quelle di origine vegetale. E’ vero anche che si possono ottenere proteine ad alto VB combinando alcuni cereali e legumi.
Ma le proteine di origine animale contengono anche una buona quantità di grassi saturi (carne rossa, formaggi, uova), al contrario di quelle vegetali che invece contengono grassi insaturi (buoni per l’organismo).  
Invece, i legumi, oltre a contenere proteine e grassi, contengo anche  moltissimi carboidrati. Ecco perché non sono in genere indicati come fonti proteiche nelle diete a basso contenuto di carboidrati.
Si deve considerare anche il fatto che il VB delle proteine può diminuire anche di molto con la cottura: ad esempio, quello della carne di manzo scende addirittura a 50. Per questo motivo non andrebbe cotta troppo.

Il perfetto equilibrio fra azoto trattenuto e azoto assorbito, quindi tra amminoacidi ritenuti e assorbiti è rappresentato dalle proteine dell’uovo, con VB=100. Questo Significa che tutti gli amminoacidi assorbiti saranno utilizzati e incorporati nelle cellule dell’organismo.
Avrete sicuramente sentito parlare dell’albumina chiamata “La proteina”. Essa è inoltre contenuta nel latte. Infatti, le proteine del siero del latte (quelle estratte, non l’alimento latte) hanno, anch’esse un VB pari a 100.
Ecco i valori biologici delle alcune fonti di proteine:
UOVA: 100
LATTE: 91
ALBUME:83
CROSTACEI:81
CARNE BOVINA: 80
PESCE: 78
MAIALE: 74
PROTEINE DELLA SOIA: 74
CECI SECCHI: 70
PISELLI VERDI: 65
RISO: 59
FARINA BIANCA: 52
LENTICCHIE SECCHE: 44
ARACHIDI: 43
FAGIOLI SECCHI /PATATE: 34

Riassumendo:
-le proteine con alto VB, cioè che contengono in ottime quantità gli 8 amminoacidi essenziali sono contenute in uova, carne, pesce e latticini;
-le proteine con medio VB sono contenute nei legumi. Gli amminoacidi carenti sono  la metionina e la cistina.
-le proteine con basso VB sono contenute nei cereali. Mancano di lisina o la contengono in quantità trascurabili.

Un altro parametro in base al quale possiamo scegliere le proteine è il loro assorbimento: le proteine animali vengono assorbite al 97%, quelle vegetali al 78%.

Dalla rilevazione dei vantaggi e degli svantaggi dei vari tipi di proteine sono nate le proteine in polvere (alle quali voglio dedicare una trattazione autonoma). Insomma, se pratico un determinato sport e ho bisogno di assumere un quantitativo abbastanza alto di proteine, come faccio ad evitare di assumere anche i grassi contenuti in quell’alimento (che a loro volta aumenteranno all’aumentare della quantità della fonte proteica che intento ingerire)?  Assumendo una parte delle proteine attraverso il cibo e il restante attraverso un integratore. In questo modo limiterò l’assunzione di grassi o/e carboidrati in eccesso.

Inoltre, gli studi attestano che per aumentare la sintesi proteica, i pasti contenenti proteine dovrebbero essere frazionati nell’arco della giornata; l’ideale sarebbe distribuirle all’interno di 5 pasti, non assumerle tutte insieme!  Ecco la ragione per cui non sono d’accordo con le diete dissociate (del tipo pasta a pranzo  e carne a cena). Il corpo che rimane per diverse ore a digiuno di proteine ne avrà comunque bisogno, quindi attingerà a quelle presenti nei muscoli… cioè si mangerà da solo! E’ questo fenomeno, il catabolismo, che ogni sportivo, ma direi pure ogni persona, dovrebbe cercare di limitare. Ricordiamoci che il metabolismo basale aumenta all’aumentare della massa muscolare. Questo significa che a parità di peso corporeo, un individuo con una quantità di muscoli maggiore consumerà, semplicemente vivendo, molte più calorie rispetto ad un soggetto con meno massa muscolare.

Ora avete tutti gli strumenti per strutturare i vostri pasti in termini di proteine!

Impara a divertirti e migliorerai!

C'è un circolo virtuoso nello sport: più ti diverti più ti alleni; più ti alleni più migliori; più migliori più ti diverti.
Pancho Gonzales

martedì 22 luglio 2014

Quantità e qualità dei carboidrati che ingeriamo… come sceglierle? Indice glicemico e carico glicemico come fattori di riferimento.


Mi è capitato di vedere persone mangiare 4 mele per pranzo, perchè "la frutta riempie  e non fa ingrassare, e poi, digerire una mela fa consumare più calorie di quante ne apporta la me la stessa".
Sicuri che questa tattica funzioni? Non dovremmo prendere in considerazione anche altri elementi? Vi siete mai chiesti per quale motivo la frutta "apre lo stomaco"? E quanto a lungo si rimane sazi?
Bisogna imparare a scegliere meglio le fonti di carboidrati, tenendo conto anche di altri fattori; uno di questi è il loro indice glicemico, ovvero la velocità con cui vengono rilasciati gli zuccheri (cioè il glucosio) nel sangue in seguito all’assunzione di un cibo contenente carboidrati.  
Infatti, a seconda del tipo di carboidrati che ingeriamo, i loro zuccheri possono essere rilasciati più o meno velocemente nel sangue, quindi trasformati in glucosio per essere utilizzati a scopo energetico. Al loro arrivo, il pancreas reagisce producendo insulina, per normalizzare i valori della glicemia (innalzati dagli zuccheri ingeriti), che, nell’arco di 2-3 ore, se tutto va bene, torna ad essere normale. Più lento è il rilascio di glucosio, più stabile è il livello di energia del corpo. 
Quel che dobbiamo qui considerare è il fatto che, maggiore sarà la quantità di zuccheri che avremmo riversato nel sangue, maggiore sarà l’insulina prodotta, e, grandi quantità, causeranno i c.d picchi insulinici (e relativi picchi glicemici). Ora, se l’insulina ha il compito di normalizzare i valori della glicemia, questo non significa che sarà in grado di farlo in ogni situazione. Infatti nel momento in cui arriva un’elevata e rapida quantità di zuccheri, l’insulina l’avverte come minaccia e tende ad abbassarla il più possibile, quindi la glicemia scenderà  sotto il livello minimo.
Dunque, è passata da un livello alto ad un livello basso, senza essere stata normalizzata. Ma l’insulina non si arrende e non smette di provare a portare a termine il suo compito. Ora si trova con una glicemia troppo bassa e, per normalizzarla, ha bisogno di altro zucchero. Così, nonostante avessimo già ingerito un’alta dose di carboidrati, nel giro di pochissimo tempo  avvertiamo il c.d calo di zuccheri perché la nostra formica-insulina continua a lavorare e il metodo più semplice per ottenere nuovi zuccheri è quello di stimolare nuovamente la fame. Ora, se dovessimo ingerire altri alimenti ad alto indice glicemico il gioco non farebbe che ripetersi dando vita ad un circolo vizioso e alle classiche lamentele sulla dieta che non funziona.
Da quanto detto sembrerebbe che dovremmo evitare come la peste gli alimenti ad alto indice glicemico. In realtà non ci sono divieti così rigidi, ma, come al solito, è la dose a fare il veleno. Ad esempio, fra i non addetti ai lavori si sente spesso dire di evitare le carote perché hanno un elevato indice glicemico. Ma quante carote dovremmo mangiare per causare questo effetto a catena? Beh, circa 1 kg perché ogni 100 grammi di carote avremmo circa 8,5 grammi di carboidrati! Per lo stesso motivo però non possiamo pranzare con 4 mele (che pesano circa 200-250gr l’una)! Ecco, quindi il secondo fattore che dobbiamo considerare: il carico glicemico.
Per capire la differenza fra indice glicemico e carico glicemico immaginiamo un bilanciere caricato con due dischi di ghisa e uno caricato con due dischi di alluminio, dello stesso volume.  Viene da se che quello caricato ad alluminio peserà molto meno (circa 4 volte di meno!) e sarà più facile da sollevare e gestire rispetto all’altro. Allo stesso modo l’insulina potrà gestire meglio i carboidrati a basso indice glicemico, per ottimizzare l’efficacia della sua funzione: la normalizzazione della glicemia.
Possiamo dire che il carico glicemico combina i fattori quantità e qualità dei carboidrati indicandoci la retta via. Infatti questo valore è facilmente calcolabile: basta moltiplicare l’indice glicemico dell’alimento in questione per la quantità di carboidrati che contiene:  ad esempio una banana matura ha un indice glicemico pari a 55, mentre quello del cocomero si aggira intorno a 80. La prima contiene una quantità di carboidrati intorno ai 32 grammi, mentre il secondo  intorno agli 8 grammi (per una porzione sempre pari a 100 grammi). Il carico glicemico sarà dato da: 55x32=1750 (banana) e 80x8=640 (cocomero).
Dunque, anche se una banana ha un indice glicemico più basso rispetto al cocomero, una porzione di cocomero avrà un minore impatto sulla glicemia dato che contiene un minor numero di carboidrati, quindi il cocomero ha un minore carico glicemico.
Vediamo ora quali sono gli alimenti che rilasciano energia più velocemente e quelli invece più lenti. Dobbiamo considerare che entrambi possono essere contenuti sia in cibi sani che non, ma i secondi, sono praticamente tutti dei derivati (cioè cibi raffinati), quindi la logica ci porterà ad individuarli facilmente.
I carboidrati complessi o a rilascio lento sono i c.d amidacei, quindi:, avena, patate, verdure, mais dolce, cereali, pane integrale, cereali integrale, farina integrale, riso integrale, pasta integrale, ma anche banane, orzo, fagioli, ceci, lenticchie, noci.  
Quelli raffinati: biscotti, pasticcini e torte, pizze, cereali per la prima colazione, pane bianco, farina bianca, pasta bianca, riso bianco)
I carboidrati semplici o a rilascio veloce sono contenuti nella frutta e nei vegetali.
Gli zuccheri raffinati semplici sono presenti in prodotti come: biscotti, dolci, torte, cioccolato, miele, marmellata, caramelle, zucchero ci canna, cibo preparato e salse, bibite e snack di vario genere.
Per riassumere: scegliere i carboidrati a rilascio lento significa non causare picchi glicemici proprio perché gli zuccheri in questi contenuti vengono riversati nel sangue in modo più graduale. Al contrario, i carboidrati semplici forniscono energia più immediata.
Per questo motivo a pranzo è più indicato un piatto di pasta o riso integrale rispetto ad una massiccia dose di frutta, mentre, un’ora prima di un allenamento sarebbe meglio un frutto, poiché, vista la sua rapida digestione e conseguente rilascio di zuccheri veloci, avremmo a disposizione energia più velocemente.
Al contrario, un panino, non farà in tempo a fornirci di energia per l’allenamento ma anzi, risulterà d’ostacolo, in quanto il sangue si concentrerà nell’apparato digerente e non nei muscoli.
In rete si trovano tantissime tabelle che riportano l’indice glicemico di un’infinità di alimenti, ma non dimenticate che questo valore può variare anche di molto in relazione a moltissimi fattori come:
- la cottura: all’aumentare della temperatura aumenta  l’IG e questa è anche la ragione per cui tutti gli amidi raffinati, cioè modificati industrialmente, hanno un indice glicemico molto più alto rispetto agli amidi lasciati al loro stato naturale; pensate ai fiocchi di riso, purè in fiocchi, popocorn, cornflakes, ecc;
- l’idratazione: la cottura a vapore o stufata, avendo un basso livello di idratazione rispetto a quella per immersione, limita la gelatinizzazione, quindi  l’innalzamento dell’IG.
- il grado di maturazione o di invecchiamento: di regola più un frutto è maturo maggiore sarà il suo IG anche se questo non può dirsi proprio per tutti i frutti (vale per le banane, fichi ma non, ad esempio,  per le mele);  più le patate sono invecchiate più alto sarà il loro IG, quindi, quando la stagione lo permette, sarebbero da preferire le patate novelle.
-il tipo di pasta: anche se derivati da una stessa farina, l’indice glicemico può variare anche di moltissimo tra un raviolo e uno spaghetto perché il secondo viene pastificato, cioè sottoposto ad un processo che lo riveste di una pellicola protettiva che rallenta la gelatinizzazione dell’amido durante la cottura e di conseguenza frena l’innalzamento dell’indice glicemico; quindi meglio evitare i tagli di pasta fresca, lasagne, ecc; per quanto riguarda la pasta voglio fare un appunto anche sulla sua specifica cottura: meglio al dente, sempre per la questione della gelatinizzazione dell’amido;
-la conservazione: gli amidi raffreddati subiscono un processo inverso alla gelatinizzazione, quindi anche l’indice glicemico si abbassa; lo stesso può dirsi per i cibi essiccati, il pane raffermo o tostato, congelato e quindi scongelato.
Anche consumare regolarmente insalata fresca aiuta ad abbassare l’IG poiché  rallenta l'assorbimento dei carboidrati (e quindi abbassa l'IG).
L’indice glicemico dipende quindi da tutte queste variabili che devono necessariamente essere considerate per scegliere le fonti di carboidrati con coscienza, perché, come abbiamo visto, anche un amido integrale può trasformarsi in una vera e propria iniezione di glucosio puro.
Vediamo ora quali sono gli effetti del consumo regolare di alimenti ad alto indice glicemico:
1.       Innanzitutto, come abbiamo visto, si crea quel circolo vizioso che porta ad avere fame costantemente, quindi, ovviamente si ingrassa.  Gli acidi grassi e il glucosio, invece di essere bruciati dall’organismo (cioè utilizzati a scopo energetico) saranno depositati nelle cellule adipose che diventeranno sempre più voluminose.
2.       Nel tempo si crea un sovraccarico di lavoro per il pancreas che causa inizialmente insulinoresistenza causata dall’iperinsulinemia: l’insulina non viene riconosciuta dall’organismo che chiede al pancreas di produrne altra, aumenta quindi di nuovo l’insulina e di conseguenza la resistenza alla stessa. Negli obesi l’insulinoresistenza è la prassi. E’ presente però anche in persone in sovrappeso moderato quando il grasso si è localizzato sul girovita. Una volta sviluppata la ridotta sensibilità all’insulina, anche un frutto a fine pasto può regalare una decina di kg in più alla fine dell’anno, a causa del circolo vizioso suesposto.  Addirittura odorare costantemente inebrianti profumini (pensate a chi lavora in forni, pasticcerie, ristoranti, ecc) può portare il corpo a produrre insulina preventivamente e a stimolare l’appetito.
3.       Il diabete, come naturale conseguenza di tutti questi processi.

giovedì 17 luglio 2014

Doms: cause e rimedi

DOMS : Delayed Onset Muscle Soreness/ Indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata

Quanti di voi non sono spesso a pezzi per i dolori muscolari dopo un allenamento intenso? Durano giorni, a volte possono arrivare ad una settimana... Eppure, quando dopo qualche giorno ci presentiamo in palestra ancora con movimenti robotici, ci sentiamo dire da qualcuno: "fai un pò di cyclette per sciogliere l'acido lattico". Credete davvero che questa situazione di acidosi possa rimanere in circolo così a lungo? La realtà è che l'acido lattico viene smaltito nel giro di un’ora, massimo due negli atleti professionisti, mentre il dolore che avvertiamo è dovuto alle microlesioni che si creano all'interno delle fibre muscolari, lacerazioni che portano a migliorare il muscolo. Sono ferite positive!
I dolori iniziano a manifestarsi il giorno successivo all’allenamento e hanno il loro picco intorno al terzo giorno, dopodichè iniziano ad attenuarsi, anche se possono durare fino ad una settimana nel caso dei soggetti poco allenati o di chi cambia spesso allenamento (il suo volume o la sua intensità).
La scelta migliore è farlo recuperare, non allenarlo quando ancora fa male, sia per non prolungare questa fase dolorante, ma anche, e soprattutto, per promuovere la c.d. supercompensazione, cioè la capacità del muscolo di migliorarsi e affrontare in modo ancora più forte l'allenamento successivo.

Oltre al recupero, vi sono altri rimedi che possiamo tentare per alleviare il dolore, benchè, in assoluto, risulti difficile da combattere… è il sovraprezzo di ogni ottimo allenamento!

-il freddo: come tutte le infiammazioni anche i DOMS possono trovare sollievo con qualche getto di acqua fredda sotto la doccia oppure applicando direttamente un impacco di acqua fredda o ghiaccio. Più pratico è il ghiaccio spray.
-massaggi con sostanze naturali dalle proprietà rilassanti, come l’olio essenziale di lavanda (magari con piccole aggiunte di olio di mandorle o di oliva) oppure altri oli o impacchi a base di camomilla, timo, ginepro, rosmarino; anche l’idromassaggio dà un rapido sollievo.
-pomate antinfiammatorie, aspirine o FANS: questi rimedi, tuttavia, andrebbero esperiti solo nei casi più gravi (di dolori davvero forti o prolungati oltre il quinto-sesto giorno) per velocizzare la ricostruzione delle lacerazioni.

Sconsiglio invece lo stretching, rimedio che spesso si sente consigliare in palestra (spesso da parte di chi pratica giusto il tiro dei coriandoli a carnevale) ma che in fase di recupero del muscolo dolorante andrebbe evitato, proprio per non riaprire quelle microlacerazioni attraverso l’allungamento. E’ vero che questo è un argomento controverso e ci sono anche dottrine favorevoli alla pratica dello stretching, quindi se proprio non ne potete fare a meno anche in questa fase (anche se i veri DOMS, soprattutto se riguardano le gambe, spesso non permettono neanche di reggersi in piedi, figuriamoci di riuscire a tenere una contrazione isometrica!) cercate di eseguirlo in modo molto soft e sempre con i muscoli caldi (post allenamento o dopo adeguato riscaldamento).

Come bruciare il grasso preservando la massa magra?

Questa è una domanda molto frequente da parte di tutte quelle persone che hanno seguito un percorso di ipertrofia e ora, per poter vedere i risultati raggiunti, hanno bisogno di eliminare quello strato di adipe e acqua che copre la muscolatura.
Tuttavia, questa sarebbe la domanda giusta anche da parte di chi ha pochi o molti kg da perdere e ancora non ha intrapreso alcun percorso. Infatti, il dimagrimento dovrebbe sempre consistere nella progressiva sostituzione del tessuto adiposo con quello magro e non nella mera perdita di peso corporeo. Quest’ultimo risultato è molto più facilmente raggiungibile ma anche meno fruttuoso, se non inutile nel lungo periodo. Ad esempio, digiunando, si perde peso ma è quasi impossibile che venga intaccato l’adipe. Quando si digiuna, il nostro organismo, che ragiona ancora in termini preistorici, avverte un periodo di carestia, quindi tende a trattenere le riserve di grasso perché non sa quando avrà di nuovo cibo in abbondanza. Dunque, per ricavare i mezzi di sostentamento si rivolge ai muscoli, depauperando le loro proteine (il c.d catabolismo muscolare) e questo porterà certamente ad una perdita di peso, quindi ad una vittoria sulla bilancia, ma ahimè, si tratta della vittoria di Pirro, poiché la percentuale di grasso è rimasta pressochè invariata.  Infatti le persone anoressiche hanno spesso più tessuto adiposo dei fitness model anche se loro digiunano, mentre gli atleti mangiano 5-6-7 volte al giorno! E’ proprio così: il nostro corpo si nutre dei suoi stessi muscoli prima di arrivare al grasso.
Ma i muscoli sono importanti anche per un altro motivo: più muscoli si hanno e più facilmente si perde il tessuto adiposo! La ragione sta nel fatto che i muscoli, solo per rimanere tali e non deperirsi, hanno bisogno di molta più energia rispetto al tessuto adiposo.  Questo significa che all’aumentare dei muscoli, aumenta il nostro metabolismo basale, ovvero la quantità di calorie di cui necessitiamo solo per mantenere le funzioni vitali. Dunque, due persone che hanno lo stesso peso corporeo ma un diverso quantitativo di muscoli, hanno bisogno di differenti quantitativi di energia per mantenersi in vita. E’ questo la ragione per cui gli uomini, che hanno per natura più muscoli (dovuti a fattori ormonali) hanno un metabolismo basale più alto rispetto alle donne, quindi hanno bisogno di più calorie giornaliere.

Detto questo, torniamo alla nostra domanda iniziale: Come si può perdere tessuto adiposo preservando la massa muscolare?
Beh, innanzitutto dobbiamo seguire una dieta adeguata, non troppo ricca di carboidrati ma neanche troppo povera. Quel che voglio dire è che i carboidrati non andrebbero mai eliminati del tutto perché la loro assenza, paradossalmente, comporta maggiori difficoltà di smaltimento del tessuto adiposo perché i grassi hanno bisogno di glucosio per essere ossidati. Ma non è questo l’argomento in cui intendo addentrarmi (già trattato nell’articolo relativo alla dieta chetogenica http://luisatrainer.blogspot.it/2014/07/definizione-e-dieta-iperproteica-cosa.html ).
Parliamo di cosa invece è meno personalizzabile: il lavoro cardio! I grandi bodybuilders del passato e non solo, in fase di definizione hanno sempre fatto ricorso ad un lavoro aerobico a bassa intensità (60-70% FCM) per lunghi periodi di tempo (40-50-60 min). Di recente invece abbiamo scoperto (o riscoperto, sotto altro nome) il c.d metodo HIIT. Quindi, ora la domanda è:
Qual'è il miglior modo per bruciare grasso preservando la massa muscolare? Hiit o cardio vecchio stile?
Uno studio pubblicato sul Journal of Applied Physiology nel 1998 ha scoperto che in 10 settimane di allenamento di resistenza,  aggiungendo il cardio, vi è stata una maggiore perdita di grassi rispetto al solo sollevamento pesi. Purtroppo i guadagni in termini di forza sono stati tagliati a metà. Altri studi hanno dimostrato parimenti che la crescita muscolare è gravemente diminuita quando viene integrato il cardio in un programma.

La spiegazione sta nel fatto che il cardio rende più difficile il recupero. Altri ricercatori sostengono che gli adattamenti fisiologici che seguono all'allenamento cardio sono il contrario di quelli che si verificano con il sollevamento pesi, e che i guadagni cardiovascolari sono quindi capaci di annullare i guadagni dell'allenamento con i pesi.
Sarebbe quindi impossibile eliminare gli effetti negativi del cardio e massimizzare quelli positivi?
Tutto dipende da che tipo di cardio si sceglie, e quanto si esegue.
L'Università di Tampa ha studiato gli effetti che i diversi tipi di cardio, la loro intensità e la separazione del cardio dal lavoro con i pesi avevano sul muscolo.
Per esempio, è stato confrontato il ciclismo alla corsa e  si è scoperto che la corsa ha causato molto più declino in termini di crescita muscolare rispetto al ciclismo e che la camminata in salita produce maggiori decrementi in termini di forza rispetto alla pedalata.
Intensità e durata hanno un effetto ancora maggiore rispetto alla modalità. Questo studio ha concluso che la perdita di grasso a lungo termine è in realtà più bassa quando l'intensità è moderata e di lunga durata .
Al contrario, la più grande perdita di grasso si è verificata con la durata più breve e la più alta intensità di attività , come gli sprint .
Si è anche visto che più a lungo si fa cardio al giorno , maggiori sono le perdite in termini di massa muscolare. Invece, sono state riscontrate solo piccole riduzioni dei muscoli e forza quando il cardio è stato mantenuto a meno di 20 minuti al giorno .
Ma per quanto riguarda la 'zona brucia-grassi ?
Uno studio condotto nei primi anni '90 ha concluso che usiamo più grassi durante l'esercizio durante l'esecuzione dell'attività a intensità moderata ( 65% della frequenza cardiaca massima ) e di lunga durata (45-60 minuti ). Le conclusioni di questo studio si riflettono nei programmi " brucia-grassi " comuni a quasi tutte le macchine cardio in palestra . Tuttavia, questo studio spiega cosa accade durante l'esecuzione dell'esercizio, ma questo non riflette necessariamente quel che accade a lungo termine .
Recentemente, un altro esperimento ha confrontato il cadio a bassa intensità e a lunga durata  con quello breve ed intenso (60 minuti e  10-30 secondi tutte partenza sprint) . Come previsto , è stato confermato che la lunga durata comporta la riduzione delle dimensioni del muscolo. Ciò suggerisce che lo sprint può essere effettivamente anabolizzante e farvi a brandelli allo stesso tempo!
Ora vi chiederete perchè i bodybuilders hanno da sempre avuto ottimi risultati con il cardio a lunga durata. Ma, la domanda non è se il cardio a lunga durata può aiutare a perdere grasso -certamente può farlo- , ma piuttosto quella di come un atleta deve fare per ottimizzare l'allenamento e raggiungere il proprio obiettivi nel modo più efficiente possibile .
In questo caso , la ricerca è chiara: sprint ad alta intensità porta ad una maggiore perdita di grasso rispetto a quella a bassa intensità e permette anche di mantenere e addirittura di aumentare la massa muscolare .
Detto questo , lo sprint non è facile da iniziare, per cui è necessario avvicinarsi con metodo. Chi è  in cerca della perdita di grasso dovrebbero provare ad eseguire 10-30 secondi di sprint per 4- 10 ripetizioni, tenendo presente che lo sprint è un allenamento dall'intensità tale che alla fine si dovrebbero sentire i conati di vomito. Piano piano l’allenamento con il metodo HIIT dovrebbe essere portato intorno ai 15-20 minuti, alternando 30 secondi di scatto e un minuto di recupero attivo.
Si può eseguire sul tapis roulant, sulla bike, sull’ellittica, con il kettlebell swings, i salti
o semplicemente al parco o in collina. Si tratta di uno sprint seguito da un rallentamento. L'esempio classico è lo scatto di 30 sec seguito da un minuto di camminata. Sulla bike o sull’ellittica dovreste cercare alternare la pedalata più veloce possibile al rallentamento. In questo modo vengono combinati il sistema aerobico e quello anaerobico e si prende il meglio di entrambi. Sarà sufficiente un quarto d'ora post sala pesi.
Un altro grande vantaggio di questo metodo è quello di innalzare il metabolismo basale, quindi farvi continuare a bruciare calorie nelle successive 48 ore.
Vengono inoltre stimolati una serie di ormoni che aiutano ad attingere alle riserve di grasso. Quindi, per aumentare notevolmente l'efficienza di questo metodo (il picco insulinico limita il rilascio del GH) evitate il consumo di carboidrati nelle 2 ore precedenti all'allenamento.
Per chi invece della sala pesi non ne vuole sapere, potrebbe permettersi una maggiore riduzione dei carboidrati e combinare il metodo HIIT con la c.d dieta Carb Cycling. Questo tipo di dieta prevede un su e giù con i carboidrati. Si tratta di evitarne l'assunzione per 3 giorni a settimana (per quanto io non sia molto d'accordo con l'eliminarli del tutto come vi ho già anticipato, ma credo che si dovrebbero mantenere a colazione e a pranzo, comunque in dosi ridotte), giorni in cui non ci allena. In mezzo a questi giorni andranno inseriti quelli in cui si assume un livello moderato di carboidrati e quelli in cui il livello è più alto. Ad esempio:
Lunedì: niente carboidrati (ma molte verdure e proteine)
Martedì: pochi carb
Mercoledì: max carb
Giovedì: niente carb (ma molte verdure e proteine)
Venerdì:pochi carb
sabato: max carb
Domenica: pochi/niente carb (ma molte verdure e proteine)
Ovviamente questo metodo deve essere personalizzato e adatto allo stile di vita della persona che lo segue (il livello di carboidrati non potrà essere lo stesso per chi fa un lavoro d'ufficio, e chi, ad esempio, lavora in cantiere!).
Ora non rimane che da dire: aggredite il grasso e mettetelo k.o!!!

mercoledì 16 luglio 2014

Definizione e dieta iperproteica: cosa succede durante questa fase?


Ho ricevuto molte domande su questo argomento e, premesso che non è possibile indicare in che misura si devono scalare i carboidrati o quanto a lungo si deve perpetrare questa fase perchè sono tutti dati soggettivi, vorrei esaminare l'argomento ponendo l'attenzione sull'importanza, al contrario, della limitazione di questa fase ad un periodo minore possibile per evitare ripercussioni anche importanti sulla salute.
In fase di definizione si vengo a scalare piano piano i carboidrati fino ad una soglia molto bassa, in alcuni casi pari a zero. Spesso si elimina la frutta e anche le verdure vengono ridotte drasticamente.
Il corpo avverte l'allarme e induce il fegato a produrre corpi chetonici che si accumulano nel sangue, come gli zuccheri, quindi con alta velocità di utilizzo.

Ricordiamoci però che le sole funzioni cerebrali necessitano di circa 50-100gr di carboidrati al giorno (secondo studi meno recenti addirittura 180 gr!) per funzionare normalmente e per prevenire lo stato di chetosi, quindi, anche in questa fase, secondo le regole teoriche, andrebbe mantenuta questa soglia. Un'altro motivo per cui i carboidrati non andrebbero mai eliminati del tutto è il fatto che i lipidi non possono neanche essere smaltiti facilmente senza l'aiuto di una piccola quantità di carboidrati: il corpo avverte la carestia, non sa quando avrà di nuovo rifornimenti energetici, quindi tende ancora di più a mantenere le riserve di grasso.

In questo periodo il corpo ricava le energie principalmente dagli acidi grassi, motivo per cui i c.d grassi buoni non andrebbero mai eliminati da una dieta già povera del carburante principale.

Ma cosa succede esattamente nel nostro corpo quando seguiamo un'alimentazione siffatta?
La gluconeogenesi (processo attraverso il quali si ricava energia dagli aminoacidi, in assenza di rifornimenti di glicogeno-carboidrati-) comporta un maggiore lavoro da parte di fegato e reni per eliminare l'azoto (motivo per cui si beve più acqua) e per mantenere il livello di glicemia sopra la soglia pericolosa per il corpo; tutto questo processo comporta un maggiore dispendio calorico (termogenetica), stimola la produzione di ormoni e mateboliti che, oltre a favorire lo smaltimento delle riserve di grasso contribuiscono inoltre ad eliminare l'appetito (per via degli agenti chetonici, ricavati dai lipidi che non possono essere utilizzati direttamente in assenza di carboidrati, quindi il corpo deve produrre questi agenti). Ma anche se la formazione dei corpi chetonici fornisce tutti questi risultati meravigliosi in termini estetici, non bisogna dimenticarsi del fatto che sono comunque sostanze tossiche quando vengono prodotte in grosse quantità (cioè quanto la dieta chetogenica viene prolungata a lungo); la loro presenza è indice infatti di una situazione di allarme; si tratta di sostanze acide che possono alterare notevolmente il PH, con importanti effetti collaterali. In caso di prolungamento eccessivo di questo regime la chetoacidosi può portare addirittura al coma! 


Da quanto detto è evidente che una simile alimentazione non può essere prolungata a lungo senza conseguenze sulla salute in generale (che non sono affatto poche!) ma anche, per quanto qui ci interessa, sulla massa muscolare che a seconda dell'individuo, viene più o meno presto utilizzata a scopo energetico e quindi deperita, vanificando i mesi e mesi (se ci fermiamo a considerare solo l'anno in corso) di lavoro ipertrofico.  
Dunque, dopo un regime così rigido (durante la quale sono fondamentali gli integratori, soprattutto quelli vitaminici: vitamina C, E,carotenoidi, sali minerali con prevalenza di potassio e magnesio; amminoacidi ramificati per prevenire il catabolismo, ecc) è necessario tornare ad una alimentazione equilibrata, reintroducendo piano piano i carboidrati, le fibre e tutte quelle sostanze che sono venute a mancare, comprese le vitamine e i minerali del cibo.
Capisco che lo specchio si opponga con tutte le sue forze al ritorno ad un'alimentazione normale ma dobbiamo ricordarci che il nostro vero obiettivo, quello che non cambierà mai durante l'intera vita, è la salute.
Per non contare il fatto che, prima di ogni risultato estetico, bisogna amare innanzitutto lo sport, gioire delle endorfine che ci regala! Quindi, se siamo a corto di carboidrati ormai da tempo, siamo deboli, stanchi, irritabili e senza energia non riusciamo neanche più a praticarlo... non isoliamoci di fronte allo specchio per ammirare un'opera immobile; un risultato raggiunto ne dovrebbe sempre porre un altro, che tuttavia non sarà vicino se non torniamo a mangiare, a recuperare la forza e a supercompensare! Se perpetriamo il regime povero di carboidrati presto il nostro corpo utilizzerà i muscoli per nutrirsi e quello che vedremo allo specchio non ci piacerà più, se invece reintegriamo i carboidrati e torniamo ad allenarci come si deve, l'anno prossimo la qualità muscolare sarà notevolmente migliorata e l'appuntamento con lo specchio sarà ancora più entusiasmante!

lunedì 14 luglio 2014

I bambini troppo paffutelli saranno gli obesi di domani

Ho trovato questo articolo riportato da TGcom24 e vorrei spendere due parole a riguardo:

Quante volte non avete sentito dire ad una donna in gravidanza: "devi mangiare per due!"? E quella, un pò ci crede e un pò ci si nasconde dietro questa frase e lo fa sul serio. Oppure quante volte non avete sentito dire ad un bambino "finisci tutto" e davanti ha il piatto che dovrebbe mangiare un adulto.
Le abitudini che si trasmettono ai bambini posso pregiudicare la loro intera vita, a cominciare dalla gravidanza in cui tutto è concesso senza rendersi conto che è ora il momento in cui iniziano a formarsi le cellule del bambino, anche quelle adipose! , e a proseguire con tutte quelle merendine che si rifilano loro perchè è troppo difficile occupare una mezz'ora per fare un ciambellone e rinunciare ai pianti di Barbarda D'Urso; così a colazione si mette loro in mano la busta di biscotti poco grassi perchè, lo dice la pubblicità "sono cotti al vapore" oppure "hanno lo zucchero di canna"; per le merende a scuola è, ancora una volta, molto più facile lasciare loro una paghetta per i vari kinder delle macchinette (che, a mio parere, all'interno delle scuole dovrebbero essere vietate per legge, come la vendita delle sigarette); per pranzo sarà facile buttare nel piatto i 4 salti in padella o friggere una cotoletta già opportunamente impanata dal signor Amadori (e solo lui sa cosa c'è dentro quella impanatura); il pomeriggio lo passeranno davanti alla tv/play station con un bel pacchetto di patatine e Dio sa cos'altro, quindi a cena probabilmente faranno i capricci perchè non hanno fame visto quante schifezze hanno ingurgitato durante le 3-4 ore di cartoni animati.
Eppure pochi genitori si rendono conto che le cellule adipose si formano durante la loro infanzia- adolescenza, il loro numero condizionerà l'intera esistenza di questi adulti di domani, e, chi si trova ad essere un po' "cicciottello" a 10 anni molto probabilmente combatterà con il proprio peso per tutta la vita. Le cellule adipose infatti, una volta formate non muoiono mai e possono gonfiarsi, cioè subire il fenomeno ipertrofico, esattamente come i muscoli.
Secondo la teoria lipostatica (sostenuta da studi molto importanti) è questo il motivo per cui le persone obese tendono a fallire le diete. Infatti, il grande numero di cellule adipose (adipociti) svuotate da una dieta, tendono a stimolare l'appetito e a rendere la fame più difficile da contrastare. Per questo motivo si deve tenere duro! L'organismo crede di essere in una condizione di carestia data la riduzione del contenuto lipidico degli adipociti ma noi sappiamo invece di essere nell'era della sovrabbondanza di cibo e quindi sappiamo di non avere bisogno di ingozzarci visto che possiamo mangiare in qualunque momento e non dobbiamo aspettare di riuscire a cacciare qualche animale.
Lo studio che conferma  che i piccoli più grassi, sono quattro volte più a rischio di esserlo da grandi rispetto ai loro compagni normopeso è stato condotto dall’Emory's University di Atlanta ed è rappresentativo di circa 4 milioni di bambini degli Stati Uniti.
Solveig Cunningham, fra gli autori dello studio, precisa: "Il nostro studio fa luce su un fenomeno allarmante e ci dice molto sulla natura di una tale epidemia di obesità. Le radici del sovrappeso risiedono nelle cattive abitudini impartite dai genitori, anche nel periodo antecedente la nascita". 
Claudio Maffeis, esperto di nutrizione della Società italiana di pediatria (Sip), ha commentato: "I dati di incidenza riportati da questa ricerca sono nuovi e, seppure siano relativi alla popolazione americana, vanno letti con attenzione anche da noi. Una indagine italiana sui bambini delle scuole materne condotta in passato ha dimostrato che il 24 % risultava in sovrappeso o obeso. Il rischio di restare grassi da adulti, è accertato, va dal 40 all'80 %". Il bambino obeso, quindi, è destinato a esserlo per sempre se non si interviene con urgenza. Le età più a rischio sono 4, durante la gravidanza, nel primo anno di vita, nell'età prescolare che va dai 3 ai 6 anni e l'adolescenza.  L'obesità è una condizione patologica ed è urgente intervenire sui bimbi e sui loro genitori, che spesso sono loro stessi in sovrappeso". Conclude l'esperto: "Il problema resta quello di riuscire ad aumentare la sensibilità dei genitori e di chi si prende cura dei bambini. Pensare che crescendo il bambino dimagrirà, convinzione ancora comune fra gli adulti, è il primo errore. Altro sbaglio comune è riempire i piatti dei piccoli come se fossero adulti. Si assiste inoltre a un crollo della pratica sportiva. Un intervento sull'educazione alimentare e lo stile di vita di genitori e figli deve essere fatto precocemente, sia per prevenire che per risolvere il problema. Dopo sarà tardi".

Gli immancabili! Quali esercizi non possiamo evitare in sala pesi?

Come tutti sappiamo in palestra è molto importante diversificare gli allenamenti, dal punto di vista dell’intensità, volume, numero e tipo di esercizi. In questo modo il corpo riceve uno stimolo sempre diverso e non ha il tempo di adattarsi troppo, quindi cadere nella stasi.
Tuttavia, vi sono esercizi che non dovrebbero mai mancare nei nostri allenamenti, quelli davvero efficaci, che non corrispondono alle mode o alle sensazioni dell’amico, né sono stati consigliati da uno sconosciuto istruttore ad un collega. Insomma, cerchiamo di capire, in base alla biomeccanica, quali esercizi funzionano sicuramente! Questo discorso vale ancora di più per i c.d hard-gainer, cioè le persone che hanno più difficoltà a sviluppare massa muscolare e che devono cercare di limitare gli esercizi.
Al di là di questi casi, quella di servirsi di un solo esercizio per gruppo muscolare è in realtà anche una tecnica di allenamento utilizzata anche da grandissimi culturisti (ad esempio Sergio Oliva, tre volte Mr Olympia) per ottenere il massimo pompaggio, ovviamente con un grande volume di allenamento (cioè molte serie, inserite in metodi come il piramidale, serie giganti, ecc ).
Individuare i migliori esercizi per ogni gruppo muscolare può quindi risultare utile a tutti!
Prima di iniziare vorrei fare un’ulteriore precisazione:  sì, lo specchio è importante e ci aiuta a mettere a posto i dettagli, ma, prima di arrivare a concentrarci sul dettaglio dobbiamo avere formato il quadro complessivo. Troppo spesso mi capita di sentire neofiti che entrano per la prima volta in palestra formulando richieste ben precise: “io voglio l’addome, quante serie di crunch devo fare?” oppure “non mi mettere niente di complicato, voglio solo un po’ di spalle”. Beh, non funziona in questo modo! Un fisico armonioso si costruisce con allenamenti completi e spesso i presupposti per avere ben formata una determinata parte del corpo partono da esercizi che, a sensazione, coinvolgono poco quella parte. Così, è dura sviluppare un bel addome senza un corretto allenamento di tutti i muscoli della cintura, una bella schiena senza lo stacco (o il mezzo stacco) o avere un bel bicipite se non alleniamo bene i dorsali.

Bicipiti: Come dicevo, la prima regola fondamentale per sviluppare i bicipiti è allenare bene i dorsali. Per questo motivo questi due gruppi muscolari vengono generalmente allenati insieme: in questo modo si ottiene un pre-affaticamento dei bicipiti per poi passare al loro allenamento specifico, magari con esercizi di isolamento, cioè monoarticolari (che coinvolgono una sola articolazione, ma attenzione, anche un curl può diventare multiarticolare se nell’ultima fase del movimento usiamo il c.d cheating, cioè bariamo un po’ coinvolgendo il colpo di reni o altre strane movimentazioni per riuscire a concludere la ripetizione con il bicipite che ha già ceduto). Ma quale si può considerare il migliore esercizio di isolamento per i bicipiti? Quello che permette di allungarlo completamente quindi di accorciarlo completamente! Questo di certo non si verifica con la tanto venerata Scott (che allena principalmente il brachiale e brachioradiale) dove il movimento inizia con il bicipite già contratto, né con le infinità di curl concentrati.
La massima estensione e la completa contrazione si ha invece con il curl sulla panca inclinata (50-60°), ancora meglio se ci si abbina la tecnica dei manubri caricati asimmetricamente, cioè con un maggior peso al capo del mignolo della mano.

La trattazione successiva non può che riguardare il Dorso. Non si può infatti rincorrere una bella forma fisica senza lo sviluppo dei dorsali.
Senza entrare nel dettaglio sull’anatomia di questa parte, molto complessa e formata da tanti piccoli muscoletti, limitiamoci a quanto qui ci interessa: quando parliamo dello sviluppo del dorso ci riferiamo a due aspetti: la sua “larghezza”, per ottenere la tanto ambita forma a V (quindi ci riferiamo allo sviluppo del gran dorsale) e il suo “spessore”, per evitare le c.d. scapole alate (dovute alla debolezza del romboide).
A tal fine, gli esercizi che non possono mancare sono:
-Le trazioni; ammetto che è un esercizio difficile, che richiede anche parecchia forza, quindi si può iniziare con la lat machine che simula lo stesso movimento. L’esecuzione che consiglio solitamente è quella avanti perché quella dietro il collo (in cui comunque non si dovrebbe scendere oltre il lobo dell’orecchio) ha molti più rischi d’infortunio. Fate attenzione a tenere sempre la schiena arcuata e, senza dondolare, portate la sbarra al petto unendo le scapole. La presa deve essere larga, a circa 15 cm dalle spalle. Durante la negativa, quindi quando scendete (o quando rilasciate nella lat machine), cercate di fare più resistenza possibile, in modo che questa fase duri circa 3 secondi (per quella positiva ne bastano 2).
-Il rematore. Questo esercizio si può eseguire con la sbarra a T, con un normale bilanciere oppure con i manubri (magari uno per volta). Anche in questo caso la zona lombare è inarcata (non fate la gobba!), le ginocchia sono leggermente piegate e le scapole si avvicinano durante la fase positiva. Anche il pulley offre lo stesso vantaggio (lo spessore), quindi non fate mancare al vostro allenamento dei dorsali almeno uno di questi esercizi.

Il discorso si complica un po’ di più passando ai Tricipiti, perché, come dice il nome, i capi sono 3 e difficilmente riusciremo a sollecitarli tutti al massimo con un solo esercizio.  Questi tre capi necessitano di grossi movimenti e prese rigorosamente strette. A testensioni distesi sulla panca (come nel pull-over) impugnando un bilanciere EZ (quello “a zig zag” per intenderci).  Durante l’esecuzione dorsali e addominali devono rimanere contratti, i gomiti stretti e bloccati come fossero legati.
Senza abbandonare la posizione sulla panca si può passare al capo laterale, stavolta con una barra dritta e una presa inversa (cioè con la mano supinata, quindi il palmo all’insù; la presa del curl) e stretta. Anche stavolta i gomiti sono rigidi, quindi si scende fino a quando non sfiorano la panca, quindi si sale distendendo completamente (ricordiamoci che i tricipiti lavorano in distensione!!).
Un’esercizio che coinvolge tutti e tre i capi sono le distensioni alle parallele. L’importante è tenere il busto in posizione verticale, scendere in modo controllato fino a che le spalle non si troveranno all’altezza dei gomiti o leggermente più sotto e tenere le mani vicine al corpo (per evitare l’intervento del gran dorsale e del grande rotondo), con i gomiti stretti, che non devono aprirsi durante l’esecuzione del movimento.

Passiamo ora alle Spalle. Anche qui, dobbiamo partire cercando di capire cosa vogliamo allenare. Tutti vogliamo “allargare le spalle” e questo è più che comprensibile dato che solo con delle belle spalle potremo puntare alla proporzione dell’intero corpo; con delle spalle più larghe, infatti anche il punto vita sembrerà più stretto e l’intera fisionomia acquisterà armonia. Ma allargare le spalle significa sostanzialmente sviluppare il capo laterale del deltoide. E quello posteriore o quello frontale a chi lo lasciamo? Quante volte non capita di vedere ragazzoni con un bel tronco a V ma che sembrano gobbi? Questioni di postura e questioni, soprattutto, di deltoide posteriore (che manca…) !! Oppure appaiono molto larghi ma di profilo ogni volume si annulla? Oppss…niente capo frontale del deltoide! 
Nell’allenamento delle spalle dobbiamo infatti avere ben presente che sono  3 “le parti” da sviluppare affinchè il busto acquisti davvero proporzione e armonia e a ognuna dobbiamo dedicare la stessa cura per non cadere negli errori, o meglio, negli orrori dello sviluppo della sola parte che possiamo ammirare allo specchio.
Per il capo laterale non potranno mai mancare le alzate laterali. Lo so, chi entra in palestra per la prima volta viene, nella maggior parte dei casi, collocato seduto su una panca e gli viene insegnato che questo esercizio deve essere fatto da seduti per non sovraccaricare la colonna.  Questo, quando l’istruttore vecchia scuola ha voglia di azzardare una spiegazione... 
Ricordiamo innanzitutto che si tratta di muscoli piccoli, forti davvero solo quando lavorano in sinergia con le fasce circostanti (trapezio, pettorale, dorsale, grande rotondo), motivo per cui è molto difficile isolarlo. Quindi l’isolamento non sarà mai possibile quando vedete impugnare carichi da Hulk, per poi scimmiottare un alzata laterale con le vene che escono sul trapezio e le gambe che si flettono e si distendono a ogni ripetizione per dare un colpo di reni (iperestendendo anche la schiena). Avranno lavorato tutto tranne che i deltoidi.  Ricordate inoltre che i gomiti rimangono rigidi, è solo l’articolazione della spalla a muoversi.
Dunque, se non si possono usare carichi alti quali implicazioni si dovrebbero avere sulla schiena? Inoltre, è proprio la posizione da seduti che sovraccarica la schiena annullando la curva lombare e non di certo quella da in piedi, con le ginocchia leggermente flesse, l’addome contratto e tutta la colonna ben allineata. Questo discorso, ovviamente, vale per tutti i soggetti che non hanno problemi di iperlordosi/ipolordosi.  Nel primo caso ha senso utilizzare la posizione da seduti al fine di cercare di ripristinare una posizione più corretta (cioè meno arcuata); si potrebbero anche sollevare le gambe posizionando i piedi su un rialzo. Nel secondo addirittura si può cercare di mettere un asciugamano arrotolato tra schienale e curva lobare per sollecitare una posizione più arcuata.
Ora, eseguite il movimento con  gomiti leggermente piegati e le braccia che salgono fino, al massimo, a diventare parallele con il pavimento. Oltre questo angolo il lavoro sarà bypassato al trapezio.
Se volete aggiungere un paio di kg in più senza coinvolgere troppo i muscoli sinergici, provate ad eseguirlo con un braccio alla volta.
Se poi volete inserirlo all’interno di una seduta di allenamento molto intensa, provatelo in superserie con le alzate al petto (non al mento, a meno che non puntiate, anche questa volta, al trapezio).
Ah, ovviamente parlo di manubri e non di cavi!!!
Nessun esercizio con i cavi può definirsi “immancabile” perché nessuno di essi è davvero efficace per via delle carrucole che, riducendo la resistenza della macchina al movimento, finiscono per ridurre notevolmente (e in alcuni casi addirittura per annullare) la fase eccentrica, che è anche quella più importante ai fini dell’ipertrofia. I cavi usateli durante i periodi di scarico o in fase di definizione, quando le energie sono poche e alla fine interessa solo compiere il movimento.
Per allargare le spalle, le fonti più autorevoli consigliano il lento avanti. Ci sono anche molte dottrine contrarie vista la difficoltà di questo esercizio e il conseguente rischio d’infortuni. Merita però un cenno: innanzitutto abbandonate il multipower e prendete un bilanciere.  Seduti su una panca a 80° oppure in piedi (ma qui fate molta attenzione, ancora una volta, alla curva lobare, divaricate le gambe e flettete le ginocchia), partite con la barra in corrispondenza della clavicola, quindi con un movimento non proprio lineare (al quale, al contrario, vi costringerebbe il multipower), ma a parabola, visto che dovete superare il mento senza urtarlo. Salite, portando il bilanciere sopra la testa, senza distendere del tutto le braccia (a braccia completamente distese si ottiene l’esercizio standard) per evitare l’eccessivo intervento del tricipite quindi scendete lentamente.  Ricordatevi di tenere sempre basse le spalle per non sollecitare troppo il trapezio.
Per quanto riguarda il deltoide frontale vi è un esercizio in cui sentirete davvero bruciare la vostra spalla e non sono le alzate frontali. Si tratta delle distensioni con bilanciere su panca orizzontale e presa inversa (palmo in su).  Qui c’è chi consiglia di portare il bilanciere in prossimità dello sterno, io vi direi di provare invece a portarlo all’altezza dell’ombelico; da questa posizione, con i gomiti stretti, si sale senza distendere del tutto le braccia (per evitare l’intervento del tricipite) e si scende molto lentamente.
Ora manca solo il deltoide posteriore. Premesso che i muscoli delle spalle non lavorano insieme, possono anche essere sollecitati in sedute diverse. Per questo motivo l’allenamento ideale del deltoide posteriore avviene nella seduta di allenamento del dorso, con i cui esercizi questo muscoletto viene preaffaticato, quindi quando si passa al suo specifico allenamento sarà già caldo e irrorato di sangue e risponderà al meglio.
L’esercizio che sto per consigliare, ovvero le abduzioni con il busto a 90°, non è per niente facile ma impararlo ad eseguirlo correttamente dà davvero grandi soddisfazioni. Lo si può eseguire da seduti, con il petto sulle ginocchia oppure appoggiati ad una panca inclinata. Personalmente preferisco non avvalermi di niente ed eseguirlo con i piedi ben piantati a terra e le ginocchia piegate oppure, al massimo, quando opto per la versione ad un braccio per volta, tengo solo l’altro braccio su un appoggio.
Ottimo anche un altro esercizio, che non si vede fare proprio mai: si tratta di impugnare molto largamente un bilanciere , portarlo al petto, con i polsi dritti e i palmi rivolti verso il pavimento, quindi distendere le braccia (non completamente) allontanando la barra e fletterle avvicinandola fino a quando non tocca il petto. Si tratta di un movimento molto simile a quello che si esegue sull’apposita macchina per il deltoide posteriore.

Il petto!
I pettorali sono per gli uomini uno dei muscoli più ambiti, tant’è vero che capita molto spesso di vedere ragazzi con ampi pettorali ma gambe ridicole o incurvati in avanti proprio perché hanno dedicato un po’ troppa cura a questi muscoli (che quindi si sono accorciati parecchio) dimenticandosi delle altre parti del corpo. Per le donne, al contrario si cerca di non esagerare nell’allenarli, non perché poi scompare il seno (altrimenti dovremmo credere anche che allenando l’addome sparisce la pancia) ma perché la mammella, posizionata su un pettorale molto sviluppato, risulta antiestetica (ma è questione di gusti). Quindi le donne che non vogliano pettorali da uomo, dovrebbero evitare carichi pesanti nell’esecuzione dei relativi esercizi, nonché, esercizi che coinvolgano troppo la parte bassa del pettorale (anche se non è possibile un isolamento completo poiché la contrazione del muscolo arriva dal cervelletto a forma di scarica elettrica, quindi si inserisce nel muscolo come una spina, dunque la contrazione riguarda l’intero muscolo ).
Passando ora agli esercizi, il primo è senza dubbio la distensione su panca piana. Questo, non tanto per l’effettivo grande lavoro del pettorale, che in realtà neanche lavora così tanto durante l’esecuzione di questo esercizio (:l’arco di movimento dell’omero è molto ridotto, manca quindi la contrazione finale; inoltre c’è un notevolissimo intervento del deltoide anteriore e del tricipite; se poi s’inizia anche ad inarcare la schiena spingendo i piedi a terra con tutta la forza possibile è naturale che tutto si è allenato, tranne che il pettorale), ma per la grande spinta anabolica che ha, un po’ come lo squat (dove però le gambe lavorano davvero).  Per la ricerca della contrazione finale l’unico metodo è quello di eseguire anche qualche ripetizione a presa stretta.
Un esercizio che invece riesce ad isolare abbastanza bene il petto sono le croci, dove l’arco di movimento è molto ampio e si sfrutta anche la contrazione finale. L’unico problema sta nel fatto che, se eseguito con i manubri sulla panca piana, mano a mano che questi salgono, diminuisce il carico esercitato sul pettorale (che si sposta parecchio sulle articolazioni), quindi, pur con grande rammarico, devo riportarvi il consiglio da manuale: eseguirlo ai cavi (ma come abbiamo visto, qui c’è un grosso problema nella fase eccentrica). Oppure si potrebbe utilizzare il metodo Arnold, che usava aprire completamente le braccia e risalire solo fino a quando sentiva la contrazione del pettorale (quindi senza avvicinare i manubri fino a quando si toccano), lasciandolo in continua tensione.
Un esercizio che però risolve davvero tutti questi problemi , anche se suona un po’ come un’eresia visto che si tratta di un esercizio a corpo libero, è il push up (flessioni, piegamenti sulle braccia, o come vogliate chiamarlo). L’ideale sarebbe farlo ad un braccio solo, magari su un rialzo se a terra risulta troppo difficile (o magari con i piedi su un rialzo se, al contrario, siete molto forti). Questo esercizio sicuramente garantisce un carico costante (il peso del proprio corpo, che non è poco) e una contrazione completa.
Per quanto riguarda le donne, io limiterei il lavoro a qualche serie di flessioni a terra (che coinvolge anche il resto del corpo) e distensioni su panca inclinata, per stimolare principalmente la sezione più alta.
Le gambe!
Ho trattato questo argomento davvero infinite volte, quindi qui mi limiterò, come da titolo agli esercizi che non possono mancare.
Questi sono lo squat, gli stacchi e gli affondi. Nell’insieme, sono di per se sufficienti per un allenamento completo delle gambe, senza considerare i polpacci, che meritano un discorso a parte .
Un buon lavoro sulle gambe, con questi esercizi fondamentali, stimola in generale tutto il corpo, quindi promuove la crescita anche della parte superiore migliorando l’aspetto dell’intera figura, grazie alla loro fondamentale spinta anabolica.
Lo squat. Nel corso del tempo ne sono nate tantissime versioni per cambiare angolo di lavoro e concentrarsi maggiormente su alcuni punti rispetto ad altri (ma rimane sempre e comunque un esercizio multiarticolare, mai di isolamento), cosa fondamentale a chi oramai è arrivato al voler migliorare il dettaglio perché ha già raggiunto un buon risultato complessivo.  E’ questo il caso del bodybuilder che si prepara per una competizione (anche se mai lo squat classico manca nei suoi allenamenti). Per chi invece il risultato complessivo lo sta ancora inseguendo, non può assolutamente prescinderne.
Vediamo alcuni accorgimenti fondamentali durante l’esecuzione dell’Esercizio (perché, senza se e senza ma lo squat è il principe di tutti gli esercizi), che spesso vengono dimenticati anche da chi frequenta la palestra da anni: innanzitutto la posizione dei piedi, non rigorosamente paralleli ma con le punte dei piedi leggermente aperte, in modo da risultare allineate rispetto alle ginocchia; la distanza fra i piedi deve essere leggermente maggiore rispetto a quella delle spalle. La barra non va posizionata sulla zona cervicale bensì più in basso, sulla parte centrale del trapezio. Durante l’esecuzione bisogna avvicinare le scapole, contrarre l’addome e scendere fino a quando non sarete paralleli al pavimento, quindi rispettando la curva lombare (l’accosciata, che annulla detta curva, lasciamola ai più che esperti o a chi esegue il movimento a corpo libero o comunque con carichi davvero trascurabili). Tenete i talloni ben incollati al pavimento e spingete con forza su di essi durante la risalita, quindi contraete i glutei, espirate e non distendete completamente le ginocchia. Ah, non dimentichiamoci della testa, dritta e con lo sguardo avanti.
Merita un cenno anche la cintura. Quante volte non capita di vedere persone che entrano in palestra con la cintura indossata e quando vanno via la cintura è ancora lì? Niente di più sbagliato! La cintura può risultare utile solo per le serie veramente impegnative (nasce infatti nel powerlifting), ma anche in questo caso andrebbe reperita quella più larga anche sulla parte frontale, in modo da fasciare bene tutto il Core (cioè la nostra naturale cintura addominale, formata da tanti muscoli, anche lombari) non quelle classiche in commercio. Indossare la cintura durante l’intero allenamento inibisce, infatti,  l’utilizzo del Core e lo sviluppo di capacità quali l’equilibrio (poiché gli stabilizzatori non vengono mai sollecitati) e coordinazione. Dunque, con una cintura adeguata, possiamo trarre benefici se utilizzata durante le serie veramente impegnative (quindi principalmente nei periodi di forza, in cui si utilizzano carichi prossimi al massimale) e prevenire l’ernia del disco (ma non anche quella inguinale, che, anzi, viene favorita dalle pressioni intraddominali!).
Per quanto riguarda gli affondi, a questo esercizio ho già dedicato un’ampia trattazione, quindi vi lascio il link:http://luisatrainer.blogspot.it/2014/07/gli-affondi.html
Anche degli stacchi esistono diverse varianti. Quella classica, che appartiene al mondo del powerlifting e raramente si vede in sala pesi, è un esercizio che sviluppa principalmente la forza e coinvolge praticamente ogni gruppo muscolare.  Ha una spinta anabolica davvero incredibile! E’ un esercizio davvero difficile e non potrò mai dimenticare, in uno dei corsi che ho frequentato, in cui l’insegnante era proprio un pesista, quante ore abbiamo passato in palestra a provarlo prima di arrivare ad un cenno di approvazione.
Per questo motivo non voglio neanche azzardare una spiegazione sulla sua esecuzione; se volete impararlo dovete affidarvi ad un istruttore davvero molto bravo, perché senza l’ausilio di qualcuno che veda cosa state facendo, ogni spiegazione è superflua.
Più a portata sono invece le versioni a gambe tese e il mezzo stacco alla rumena (romanian deadlift) che concentrano il lavoro principalmente su glutei e femorali, ed è questa la parte che qui ci interessa.
Negli stacchi a gambe tese ci si posiziona su un gradino (per esempio uno step)al fine di scendere oltre le punte dei piedi, e concentrare il lavoro su glutei e femorali. La schiena rimane costantemente inclinata in avanti poiché si risale solo fino all’altezza delle ginocchia o poco più (le scapole rimangono abdotte), quindi non ci troviamo mai in posizione eretta.
I mezzi stacchi invece si eseguono partendo dalla posizione eretta, con i piedi fermi a terra, quindi si scende fino a quando la schiena mantiene le sue naturali curve e si risale avvicinando le scapole.
In entrambi gli esercizi le ginocchia devono rimanere ferme (sia che le gambe siano completamente distese, sia che rimangano leggermente piegate) e il carico deve scorrere lungo le gambe.

Ed eccoci, finalmente, all’addome, o meglio, alla cintura addominale, perché, non si può costruire un bel addome senza allenare (o evitare di allenare) anche altri muscoli che si trovano in quella zona. Anche a questo argomento ho dedicato un apposito articolo ( http://luisatrainer.blogspot.it/2014/07/addome-piatto-allenare-la-cintura.html ), quindi ora mi limiterò ad indicare gli esercizi più efficaci.
-Il crunch. La sua efficacia è pari al 100%, ma aumenta notevolmente se eseguito su una fit ball, che, richiedendo un maggiore equilibrio, incrementa il lavoro addominale (poiché recluta molti più muscoli ausiliari per stabilizzare il baricentro). Una volta che riuscirete ad eseguire 4 set da 30 ripetizioni senza eccessive difficoltà, potreste eseguire l’esercizio tenendo fra le mani un carico (dietro la nuca).
-La bicicletta. Uno studio condotto nel 2001 qualifica questo esercizio come uno dei migliori in assoluto poiché richiede un doppio lavoro: da una parte si cerca di avvicinare il busto verso il bacino e dall’altra si compie il lavoro opposto. In questo modo si sfruttano diversi angoli di lavoro, nonché l’intensità, necessariamente più elevata rispetto agli esercizi che richiedono un unico movimento.
-Il leg rise. Per iniziare, l’ideale sarebbe eseguirlo sull’apposita macchina che permette di appoggiare gli avambracci. Da questa posizione le gambe vengono portate verso il busto e vi sono due alternative: Portando le ginocchia al petto (versione più facile) oppure portando le gambe tese verso  la testa (versione più difficile). In ogni caso ricordate che è il bacino a salire e non semplicemente le gambe.

Se poi siete diventati molto forti e volete aumentare ancora di più il livello di difficoltà, potete eseguirlo alla sbarra (dove sono solo le mani a garantire la presa); questa versione comporta uno sforzo maggiore a carico delle braccia, ma anche una maggiore destabilizzazione che i vostri muscoli dovranno riequilibrare controllando il movimento per evitare di dondolare.

Ora avete davvero tutti gli strumenti per costruire ottimi allenamenti!